lunedì 24 dicembre 2012
domenica 23 dicembre 2012
Cerco un centro di gravità permanente.
Concerto n. 1 per Mamikazen, M.o Ad, Coro e Pianoforte.
- Mamika, oggi ti metti al centro, eh.
- Ah... eh... veramente...
- Al centro. Ho deciso. Mi serve che stai lì.
- Mmmfhsphf... ok, ci provo.
...
- Scusate, permesso... scus... ops... scusa, corista V., posso mettermi qui?
- Mpf, perché?
- Perché l'ha detto il maestro.
- Ok vieni.
- Adesso però siamo dieci dietro e tre davanti... qualcuna di quelle 'diversamente alte' potrebbe andare davanti... Spighetta? Funghetto?
- Assolutamente no, il nostro posto è qui.
- Oh, beh, peggio per voi, vado io davanti. Poi non lamentatevi che non vedete.
- QUESTO E' IL MIO POSTO
- Corista White... come dici?
- QUESTO E' IL MIO POSTO CI VENGO IO
- Veramente, corista White, M.o Ad ti ha chiesto di stare dietro perché hai fatto poche prove...
- QUESTO E' IL MIO POSTO
- E poi sei arrivata in ritardo...
- QUESTO E' IL MIO POSTO
- Ok.
...
- Mamikazen, ti avevo chiesto di stare al centro. Invece sei finita in fondo a cantare da dietro la colonna e a girare le pagine a Vlad. Ma una volta non puoi fare quello che ti chiedo?
- Io vivo per compiacerti, Ad. Ma...
- Ma?
- Corista White è campionessa di nuoto e ha le spalle molto più larghe delle tue.
- Capisco.
Concerto n. 2 per Mamikazen, M.o Ad, Coro e Pianoforte.
Mamikazen questa volta è al centro della fila dietro. Dall'inizio della prova. Si è piazzata lì e il resto del coro intorno. Inamovibile, granitica nonostante gli strilli acuti dei soprani e il trauma del vedere il Maestro di fronte. E' molto fiera di avercela fatta, si sente come Amundsen, Messner e il dottor Livingstone tutti assieme. Ha un sorriso ebete e canta forte. Dopo la prova, le si avvicina M.o Ad.
- Mamika, ci sarebbe bisogno che tu presentassi i brani.
- ... Eh?
- Dovresti presentare.
- EH??? Non sento
- Dovresti presentare i brani. C'è una presentatrice che presenta i cori, poi ogni coro presenta i propri brani.
- ...
- Devi dire i brani e i nomi dei solisti.
- ...
- Qualche domanda?
- Non posso andare su e giù dal centro del coro, vero?
- No, direi di no.
- Quindi vado a mettermi in fondo dietro la colo... dietro la tastiera. E giro le pagine a Vlad.
- Perfetto.
- ...
- Mamika, oggi ti metti al centro, eh.
- Ah... eh... veramente...
- Al centro. Ho deciso. Mi serve che stai lì.
- Mmmfhsphf... ok, ci provo.
...
- Scusate, permesso... scus... ops... scusa, corista V., posso mettermi qui?
- Mpf, perché?
- Perché l'ha detto il maestro.
- Ok vieni.
- Adesso però siamo dieci dietro e tre davanti... qualcuna di quelle 'diversamente alte' potrebbe andare davanti... Spighetta? Funghetto?
- Assolutamente no, il nostro posto è qui.
- Oh, beh, peggio per voi, vado io davanti. Poi non lamentatevi che non vedete.
- QUESTO E' IL MIO POSTO
- Corista White... come dici?
- QUESTO E' IL MIO POSTO CI VENGO IO
- Veramente, corista White, M.o Ad ti ha chiesto di stare dietro perché hai fatto poche prove...
- QUESTO E' IL MIO POSTO
- E poi sei arrivata in ritardo...
- QUESTO E' IL MIO POSTO
- Ok.
...
- Mamikazen, ti avevo chiesto di stare al centro. Invece sei finita in fondo a cantare da dietro la colonna e a girare le pagine a Vlad. Ma una volta non puoi fare quello che ti chiedo?
- Io vivo per compiacerti, Ad. Ma...
- Ma?
- Corista White è campionessa di nuoto e ha le spalle molto più larghe delle tue.
- Capisco.
Concerto n. 2 per Mamikazen, M.o Ad, Coro e Pianoforte.
Mamikazen questa volta è al centro della fila dietro. Dall'inizio della prova. Si è piazzata lì e il resto del coro intorno. Inamovibile, granitica nonostante gli strilli acuti dei soprani e il trauma del vedere il Maestro di fronte. E' molto fiera di avercela fatta, si sente come Amundsen, Messner e il dottor Livingstone tutti assieme. Ha un sorriso ebete e canta forte. Dopo la prova, le si avvicina M.o Ad.
- Mamika, ci sarebbe bisogno che tu presentassi i brani.
- ... Eh?
- Dovresti presentare.
- EH??? Non sento
- Dovresti presentare i brani. C'è una presentatrice che presenta i cori, poi ogni coro presenta i propri brani.
- ...
- Devi dire i brani e i nomi dei solisti.
- ...
- Qualche domanda?
- Non posso andare su e giù dal centro del coro, vero?
- No, direi di no.
- Quindi vado a mettermi in fondo dietro la colo... dietro la tastiera. E giro le pagine a Vlad.
- Perfetto.
- ...
venerdì 21 dicembre 2012
The DOOMED act, ossia l'atto dei Maya.
Mercoledì 20 dicembre, ufficio.
-Mamikazen, ti ho messo un meraviglioso atto di divorzio da Santo Domingo da trascrivere.
- Grazie CapoGentile, devi smetterla però di farmi questi regali o la gente comincerà a pensare male.
- Vero, che sono generoso?
- Ti adoro.
Un'ora dopo.
- TecnicoOrso, hai finito di smanettare nel mio computer?
- hm.
- Quindi è tutto a posto?
- h -
- Cioè, funziona tutto? Sei sicuro? Posso ricominciare a formare gli atti?
- h - mmm.
- Perché devo trascrivere questo cavolo di divorzio dall'estero, non vorrei bloccare tutta la II C dei matrimoni...
- h - nnn. Hm.
- grazie!
- prego.
Un'ora dopo.
- CollegaRomana, credo di avere un problema. Sono arrivata in fondo alla trascrizione ma...
- Che cc'è? Che tt'è successo?
- Nell'anteprima di stampa non compare il numero dell'atto...
- Nun è possibbile.
- Non... non c'è il mio nome... non ci sono i nomi degli intestatari... oddio... che cos'è?
- Prova a uscì, poi lo cancelli e 'o rifai.
- Asp... ecc... o c****, non si cancella!
- Come non si cancella?
- Non lo trova... mi dice che non c'è.
- Ma l'hai salvato prima di...?
- Sì ma non lo trova, non lo...
- Aspetta, ci metto le mani io.
- Grazie.
- Intanto avvisa tutti di non fà atti nella II C de matrimonio.
Un'ora dopo.
- %&!!!çç°°°°###§§§*_______________*
- CollegaRomana, senti, è tardi, io vado a casa, come disse Rossella O'Hara ci penserò domani, domani è un altro giorno... domani chiamiamo i gestori del sistema a Trieste, ce lo sbloccano loro...
- @@@??!!!++*******>____________________<
La mattina dopo, giovedì 21 dicembre.
- Ok, Mamikazen, da Trieste sono riusciti a cancellare l'atto. Che ne dici di rifarlo?
- Over my dead body, CapoGentile. Non stamattina. Non ce la posso fare. Sono ancora traumatizzata da ieri. A mezzogiorno devo celebrare un matrimonio. Sono inc****ta con TecnicoOrso che mi ha mentito dicendomi che andava tutto bene. Ho sonno perché ieri sera ho fatto vino bianco-vino rosso dopo un concerto. No way, non se ne parla.
- Allora lo facciamo da me nel mio computer. Prendi l'incartamento e vieni qui.
- SGRUNT. Va bene.
Un'ora dopo.
- Oddio, guarda Mamika: nell'anteprima di stampa manca un pezzo dell'atto...
- Sono i Maya.
- Eh? Adesso lo cancello e lo rifaccio.
- NOOOOO! Non cancellarlo, capo, non farlo!
- Acc... non me lo cancella...
- Sono i Maya.
- Io provo a stamparlo.
- Oddio, sei pazzo? Non sui fogli degli atti, non sui...
- No, tranquilla, su un foglio bianco normale, che ti credi? Ecco qui... oddio, guarda, c'è tutto!
- Sei sicuro?
- Controlla.
- Hmmm... c'è tutto. Te l'ho detto, quest'atto è posseduto.
- Sono d'accordo. Stampiamolo velocemente e togliamocelo di torno.
- Ok. Vai.
- Stampiamo i documenti allegati... l'annotazione sugli atti di nascita...
- Capo...
-Oh cavolo, nell'annotazione viene fuori il giorno sbagliato. Abbiamo sbagliato qualcosa nell'atto?
- No... te l'ho detto, è posseduto. La Macumba di Santo Domingo. Dammelo che te lo correggo a penna.
- Assolutamente no, aspetta. Lo rifaccio. Ecco qui...
- Ehm... Capo...
- Eh? NOOOOOOOO!!!
- Sì. Hai ristampato l'etichetta sopra all'altra etichetta. Dobbiamo ricominciare da capo.
-Mamikazen, ti ho messo un meraviglioso atto di divorzio da Santo Domingo da trascrivere.
- Grazie CapoGentile, devi smetterla però di farmi questi regali o la gente comincerà a pensare male.
- Vero, che sono generoso?
- Ti adoro.
Un'ora dopo.
- TecnicoOrso, hai finito di smanettare nel mio computer?
- hm.
- Quindi è tutto a posto?
- h -
- Cioè, funziona tutto? Sei sicuro? Posso ricominciare a formare gli atti?
- h - mmm.
- Perché devo trascrivere questo cavolo di divorzio dall'estero, non vorrei bloccare tutta la II C dei matrimoni...
- h - nnn. Hm.
- grazie!
- prego.
Un'ora dopo.
- CollegaRomana, credo di avere un problema. Sono arrivata in fondo alla trascrizione ma...
- Che cc'è? Che tt'è successo?
- Nell'anteprima di stampa non compare il numero dell'atto...
- Nun è possibbile.
- Non... non c'è il mio nome... non ci sono i nomi degli intestatari... oddio... che cos'è?
- Prova a uscì, poi lo cancelli e 'o rifai.
- Asp... ecc... o c****, non si cancella!
- Come non si cancella?
- Non lo trova... mi dice che non c'è.
- Ma l'hai salvato prima di...?
- Sì ma non lo trova, non lo...
- Aspetta, ci metto le mani io.
- Grazie.
- Intanto avvisa tutti di non fà atti nella II C de matrimonio.
Un'ora dopo.
- %&!!!çç°°°°###§§§*_______________*
- CollegaRomana, senti, è tardi, io vado a casa, come disse Rossella O'Hara ci penserò domani, domani è un altro giorno... domani chiamiamo i gestori del sistema a Trieste, ce lo sbloccano loro...
- @@@??!!!++*******>____________________<
La mattina dopo, giovedì 21 dicembre.
- Ok, Mamikazen, da Trieste sono riusciti a cancellare l'atto. Che ne dici di rifarlo?
- Over my dead body, CapoGentile. Non stamattina. Non ce la posso fare. Sono ancora traumatizzata da ieri. A mezzogiorno devo celebrare un matrimonio. Sono inc****ta con TecnicoOrso che mi ha mentito dicendomi che andava tutto bene. Ho sonno perché ieri sera ho fatto vino bianco-vino rosso dopo un concerto. No way, non se ne parla.
- Allora lo facciamo da me nel mio computer. Prendi l'incartamento e vieni qui.
- SGRUNT. Va bene.
Un'ora dopo.
- Oddio, guarda Mamika: nell'anteprima di stampa manca un pezzo dell'atto...
- Sono i Maya.
- Eh? Adesso lo cancello e lo rifaccio.
- NOOOOO! Non cancellarlo, capo, non farlo!
- Acc... non me lo cancella...
- Sono i Maya.
- Io provo a stamparlo.
- Oddio, sei pazzo? Non sui fogli degli atti, non sui...
- No, tranquilla, su un foglio bianco normale, che ti credi? Ecco qui... oddio, guarda, c'è tutto!
- Sei sicuro?
- Controlla.
- Hmmm... c'è tutto. Te l'ho detto, quest'atto è posseduto.
- Sono d'accordo. Stampiamolo velocemente e togliamocelo di torno.
- Ok. Vai.
- Stampiamo i documenti allegati... l'annotazione sugli atti di nascita...
- Capo...
-Oh cavolo, nell'annotazione viene fuori il giorno sbagliato. Abbiamo sbagliato qualcosa nell'atto?
- No... te l'ho detto, è posseduto. La Macumba di Santo Domingo. Dammelo che te lo correggo a penna.
- Assolutamente no, aspetta. Lo rifaccio. Ecco qui...
- Ehm... Capo...
- Eh? NOOOOOOOO!!!
- Sì. Hai ristampato l'etichetta sopra all'altra etichetta. Dobbiamo ricominciare da capo.
giovedì 20 dicembre 2012
Magie da asporto.
Una stradina ripida incastonata tra un palazzo antico, il Conservatorio, e la facciata di una chiesa.
E' quasi sera, le pietre scure della strada e dei muri sono appena rischiarate da un lampione lontano.
Una coppia di anziani si tiene a braccetto, immobile, sui gradini della chiesa. Hanno i visi rivolti in su.
Mentre cammino verso casa tentando di non scivolare con le borse della spesa sulle pietre umide li guardo e per un momento mi fermo anch'io, mesmerizzata.
Perché dalle finestre del Conservatorio, suonato da una piccola orchestra di fiati, sulla strada ricade questo.
E' quasi sera, le pietre scure della strada e dei muri sono appena rischiarate da un lampione lontano.
Una coppia di anziani si tiene a braccetto, immobile, sui gradini della chiesa. Hanno i visi rivolti in su.
Mentre cammino verso casa tentando di non scivolare con le borse della spesa sulle pietre umide li guardo e per un momento mi fermo anch'io, mesmerizzata.
Perché dalle finestre del Conservatorio, suonato da una piccola orchestra di fiati, sulla strada ricade questo.
mercoledì 19 dicembre 2012
Il baco nel sistema.
Sera. Ultima prova prima degli ultimi concerti prima della fine dell'anno.
Hallelujah di Haendel.
Ad lo ha ripassato con i tenori e i bassi facendo prove apposite. Con i soprani e i contralti no, perché "Tanto non c'è bisogno."
Partiamo tutti.
Dopo le prime dieci battute alcuni contralti cominciano a perdersi.
Dopo una ventina di battute, a cantare restiamo in due o tre.
Ad è costernato: "Ma alla prova da sole la sapevate. Andavate bene."
"Ma insieme non ce la facciamo", gli risponde la Dama di Picche.
"Ma la sapevate! Non è possibile." Ad è affranto: "Persino i tenori ormai la sanno", conclude scoraggiato.
"Dopo la prova ci fermiamo a provarlo, solo contralti."
Dopo la prova ci fermiamo a provarlo, solo contralti. "No, no! Così non va bene, sentite qui? è staccato, e poi va in su, non in giù." Ad pesta sui tasti, fa riprovare ogni frase daccapo più volte. Resto un po' lì a ululare poi vado a sistemare la stanza.
Alla fine restiamo in tre con la Maraschina. Mentre spengo le luci, controllo i bagni, chiudo la porta della banca del tempo, torno indietro perché ho dimenticato la borsa eccetera eccetera, Ad e la Maraschina parlano della contabilità del coro.
"Dov'è Mamikazen?", fa Ad. "Sono qui, non trovo le chiavi della macchina", rispondo, prendendolo sottobraccio mentre andiamo alle auto. Ancora non si dà pace.
"Ma alle prove la sapevate", insiste.
"Scusa ma ce l'hai fatta provare due volte alla corsara, che pretendevi?"
"Ma la sapevate. Io sentivo."
"Adesso io un po' l'ho imparata", fa la Maraschina, "a casa la ripasso e vedrai che per giovedì la so."
"Ma perché stasera non la sapevate?"
"Non guardare me", mi stringo nelle spalle, "se mi fai l'accordo io parto, lo sai."
Si gira e mi guarda con astio, "Allora... "
"Allora?"
"... allora io sentivo te, quando provavate da sole."
Insomma, può essere. In fondo sono vent'anni che la canto, non è colpa mia, invece le altre hanno dovuto impararla "per sentito dire". Magari mi sono girata un pochino verso di loro mentre cantavo e ho cantato un pochino più forte del solito, e qualcuna magari mi è venuta dietro, e tu hai avuto l'impressione che tutte la sapessero bene...
Ma se ti aspetti che io non canti alcune cose solo perché le so, aspetterai lunga pezza, mio caro.
(... oppure potresti deciderti a farci imparare qualcosa di nuovo, per cambiare...)
Hallelujah di Haendel.
Ad lo ha ripassato con i tenori e i bassi facendo prove apposite. Con i soprani e i contralti no, perché "Tanto non c'è bisogno."
Partiamo tutti.
Dopo le prime dieci battute alcuni contralti cominciano a perdersi.
Dopo una ventina di battute, a cantare restiamo in due o tre.
Ad è costernato: "Ma alla prova da sole la sapevate. Andavate bene."
"Ma insieme non ce la facciamo", gli risponde la Dama di Picche.
"Ma la sapevate! Non è possibile." Ad è affranto: "Persino i tenori ormai la sanno", conclude scoraggiato.
"Dopo la prova ci fermiamo a provarlo, solo contralti."
Dopo la prova ci fermiamo a provarlo, solo contralti. "No, no! Così non va bene, sentite qui? è staccato, e poi va in su, non in giù." Ad pesta sui tasti, fa riprovare ogni frase daccapo più volte. Resto un po' lì a ululare poi vado a sistemare la stanza.
Alla fine restiamo in tre con la Maraschina. Mentre spengo le luci, controllo i bagni, chiudo la porta della banca del tempo, torno indietro perché ho dimenticato la borsa eccetera eccetera, Ad e la Maraschina parlano della contabilità del coro.
"Dov'è Mamikazen?", fa Ad. "Sono qui, non trovo le chiavi della macchina", rispondo, prendendolo sottobraccio mentre andiamo alle auto. Ancora non si dà pace.
"Ma alle prove la sapevate", insiste.
"Scusa ma ce l'hai fatta provare due volte alla corsara, che pretendevi?"
"Ma la sapevate. Io sentivo."
"Adesso io un po' l'ho imparata", fa la Maraschina, "a casa la ripasso e vedrai che per giovedì la so."
"Ma perché stasera non la sapevate?"
"Non guardare me", mi stringo nelle spalle, "se mi fai l'accordo io parto, lo sai."
Si gira e mi guarda con astio, "Allora... "
"Allora?"
"... allora io sentivo te, quando provavate da sole."
Insomma, può essere. In fondo sono vent'anni che la canto, non è colpa mia, invece le altre hanno dovuto impararla "per sentito dire". Magari mi sono girata un pochino verso di loro mentre cantavo e ho cantato un pochino più forte del solito, e qualcuna magari mi è venuta dietro, e tu hai avuto l'impressione che tutte la sapessero bene...
Ma se ti aspetti che io non canti alcune cose solo perché le so, aspetterai lunga pezza, mio caro.
(... oppure potresti deciderti a farci imparare qualcosa di nuovo, per cambiare...)
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Tu mi fai.
Stasera sono al massimo senti come mi va la voce vocalità venuta benissimo adesso per la prova mi metto qui nel mezzo tra i contralti e i soprani così vedo bene sento bene sfoggio un po' che stasera ho messo la calza con lo stivale figo e l'abitino nero corto che si vede anche quello spicchio di tetta sempre seguendo il principio inderogabile per cui ogni tanto bisogna ricordarsi di essere femmina vai stasera sono al massimo stasera sono
- mamikazen.
- buonasera, el maliz.
- mamikazen, tu mi fai...
- dimmi, el maliz.
- tu mi fai...
- con parole tue.
- io sono vecchio, però...
- beh, vecchio, el maliz... diciamo maturo.
- no, sono vecchio, però tu mi fai...
- credo di aver.
- mamika, insomma, tu mi fai.
- ma questo è bene, el maliz, sintomo che il sangue ancora circola.
- è che proprio mi fai.
- bene.
- buona prova.
- a te.
- mamikazen.
- buonasera, el maliz.
- mamikazen, tu mi fai...
- dimmi, el maliz.
- tu mi fai...
- con parole tue.
- io sono vecchio, però...
- beh, vecchio, el maliz... diciamo maturo.
- no, sono vecchio, però tu mi fai...
- credo di aver.
- mamika, insomma, tu mi fai.
- ma questo è bene, el maliz, sintomo che il sangue ancora circola.
- è che proprio mi fai.
- bene.
- buona prova.
- a te.
lunedì 17 dicembre 2012
La cena è pronta.
"Alla cena della vigilia non c'è zia France."
"Porc... toccherà a me fare il secondo... vabbè, pizza."
"Però c'è zio Michibus."
"Orpo, sicuro?"
"Sicuro."
"Non è al Met?... al Covent?"
"Nah."
"San Carlo?"
"Già fatto..."
"Porc... toccherà a me fare il secondo... vabbè, pizza."
"Però c'è zio Michibus."
"Orpo, sicuro?"
"Sicuro."
"Non è al Met?... al Covent?"
"Nah."
"San Carlo?"
"Già fatto..."
domenica 16 dicembre 2012
La ballata del figlio di Jimmy.
Nella caverna tappezzata di libri c'era un uomo, che a me ha sempre dato l'idea di un grosso gatto acciambellato sulla poltrona più comoda del salotto, a notare ogni minima cosa senza dare l'impressione di notare nulla, da sotto le ciglia, attraverso gli occhiali.
I gatti in effetti non hanno le ciglia e non portano occhiali, ma lui sì.
Era seduto su una sedia con un'altra sedia vuota a fianco, con un libro appoggiato sopra. Aveva una delle sue sciarpe da beau con un motivo grandi fiori, e ci guardava.
Guardava di sottecchi la caverna tappezzata di libri che andava riempiendosi di altre persone, alcune delle quali assomigliavano pure loro a dei gatti, altre no.
C'era Margherita col viso tondo da gatta amante del camino, Giovanna con le vibrisse tese a cogliere ogni minimo movimento, poi è arrivato Roberto, con il suo solito passo come di gatto che zampetta sul colmo del tetto, strusciandosi ai camini.
C'erano Simone, Chiara, Gabriella, Anna, Lucia, Francesco, Paolo, Rosaria, Pierpaolo, Giovanni e molte altre persone, con i cappotti lunghi e i berretti e i guanti, qualcuno se li è tolti, qualcuno no, e per un'ora siamo rimasti tutti lì, sulle sedie o sulla scala, a parlare del libro scritto dal gatto acciambellato sulla sedia, a chiederci se sia possibile conciliare poesia e narrativa, se un romanzo possa essere scritto in lingua poetica, se la musicalità sia un pregio o un incidente di scrittura.
In tutto questo, dell'autore io vedevo solo un piede, un piede libero, quello della gamba incrociata, un piede che si muoveva a tempo e senza accorgersene scandiva con la punta dondolante il ritmo musicale delle nostre discussioni.
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lunedì 10 dicembre 2012
i coristi non sono normali.
tardo pomeriggio.
- allora, com'è andato il montaggio del palco?
- non me ne parlare, mamikazen. un disastro. io non ci voglio più avere niente a che fare.
- ma non c'era l'uomoconlavaligia? lui l'ha montato un sacco di volte...
- l'uomoconlavaligia non si è visto. ha detto che veniva e poi non è venuto. non ha manco telefonato.
- strano, non è proprio da lui.
sera, prima del concerto.
- mamikazen, hai saputo dell'uomoconlavaligia?
- cosa?
- ha avuto un incidente.
- COSA?
- con lo scooter. stava andando a montare il palco, un tizio contromano l'ha centrato in pieno con l'auto.
- MA COME STA???
- mah, pare costole rotte, polso rotto, vertebre così così, trauma cranico. quando si è svegliato non si ricordava più nemmeno come si chiamava.
- ...
il giorno dopo.
- allora, come sta l'uomoconlavaligia???
- un disastro. lo tengono sotto analgesici. però ha avuto un primo momento di lucidità.
- oh, fantastico! ha riconociuto la moglie? le figlie?
- no.
- allora? cosa ha detto?
- le sue prime parole sono state: "sono riusciti a montare il palco? com'è andato il concerto?"
- allora, com'è andato il montaggio del palco?
- non me ne parlare, mamikazen. un disastro. io non ci voglio più avere niente a che fare.
- ma non c'era l'uomoconlavaligia? lui l'ha montato un sacco di volte...
- l'uomoconlavaligia non si è visto. ha detto che veniva e poi non è venuto. non ha manco telefonato.
- strano, non è proprio da lui.
sera, prima del concerto.
- mamikazen, hai saputo dell'uomoconlavaligia?
- cosa?
- ha avuto un incidente.
- COSA?
- con lo scooter. stava andando a montare il palco, un tizio contromano l'ha centrato in pieno con l'auto.
- MA COME STA???
- mah, pare costole rotte, polso rotto, vertebre così così, trauma cranico. quando si è svegliato non si ricordava più nemmeno come si chiamava.
- ...
il giorno dopo.
- allora, come sta l'uomoconlavaligia???
- un disastro. lo tengono sotto analgesici. però ha avuto un primo momento di lucidità.
- oh, fantastico! ha riconociuto la moglie? le figlie?
- no.
- allora? cosa ha detto?
- le sue prime parole sono state: "sono riusciti a montare il palco? com'è andato il concerto?"
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sabato 8 dicembre 2012
L'uomo più secsi.
quando vivi con tre uomini in casa
dei quali, due sotto i dieci anni
la tua idea di "uomo attraente"
si lega inesorabilmente
alla capacità del soggetto in questione
di pisciare il più possibile dentro il water.
dei quali, due sotto i dieci anni
la tua idea di "uomo attraente"
si lega inesorabilmente
alla capacità del soggetto in questione
di pisciare il più possibile dentro il water.
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domenica 2 dicembre 2012
Uòscinton!
Lavorare all'ufficio di Stato Civile è fonte di continue meraviglie.
Sapevo, ad esempio, che nella prima metà del secolo appena passato un fermento di americanismo aveva percorso i nostri conterranei determinando il proliferare del nome "Washington" per i poveri infanti, con alcune amene varianti dettate dall'incomprensione dei suoni e/o dei fonemi stranieri.
Ignoravo però quante amene varianti.
Finché non ho fatto una ricerca.
E ho trovato...
WASHINGTON - perché qualcuno ci azzeccava, eh.
WASINGTON - più dolce, più... romagnolo?
WASINCTON - sincopato.
WAGSINTON - simpatico burlone
WASHJNCTON - orientalizzante
WASCHINGTON - ad abundantiam
VASINTO - traslitterazione classica
VASINTON - più fine, più bon ton
VASINGTON - un parente di Pinkerton?
VASHINGTON - il compromesso storico
Sapevo, ad esempio, che nella prima metà del secolo appena passato un fermento di americanismo aveva percorso i nostri conterranei determinando il proliferare del nome "Washington" per i poveri infanti, con alcune amene varianti dettate dall'incomprensione dei suoni e/o dei fonemi stranieri.
Ignoravo però quante amene varianti.
Finché non ho fatto una ricerca.
E ho trovato...
WASHINGTON - perché qualcuno ci azzeccava, eh.
WASINGTON - più dolce, più... romagnolo?
WASINCTON - sincopato.
WAGSINTON - simpatico burlone
WASHJNCTON - orientalizzante
WASCHINGTON - ad abundantiam
VASINTO - traslitterazione classica
VASINTON - più fine, più bon ton
VASINGTON - un parente di Pinkerton?
VASHINGTON - il compromesso storico
domenica 25 novembre 2012
Créo.
Avevo avuto mal di schiena per tutta la settimana. Mi partiva dalla spalla destra, passava al collo, andava alla spalla sinistra e ricominciava il giro.
Oltre a quello a metà schiena che ho sempre, e che non riesco ad allacciarmi le scarpe la mattina.
Però sabato, quando sono uscita prima dal lavoro per andare dalla parrucchiera, magicamente ha cominciato a scomparire. Mentre preparavo la borsa per la trasferta se n'era andato quasi del tutto. Quando sono arrivata a S.G. nell'auditorium per le prove, avevo la schiena di una tredicenne e ballavo.
Letteralmente.
Prima di scendere dal pullman avevo fatto la brava, avevo preso il microfono e avevo detto a tutti: "il Maestro si è raccomandato, ragazzi, le prove sono alle 18.30 precise, adesso sono le 18.15, nessuno si allontani, scendiamo dal pullman e andiamo dritti all'auditorium per le prove."
Scesa dal pullman sono arrivata all'auditorium, ho mollato la borsa con la divisa, ho piazzato il figlio RodolfoValentino in un luogo sicuro (il chiostro umido dell'ex convento, in compagnia di una coetanea e di un gatto) e me la sono filata con la Ballerina per andare a comprare il ciaùscolo.
Poi però, mentre eravamo lì nella solita macelleria a comprarne tre (uno per me, uno per lei, uno su commissione per il mezzosoprano solista) ha cominciato a prudermi la coppa.
"Il mio non me lo metta sottovuoto, lo prendo così com'è. Dài, Balle, paghiamo e andiamo."
"Perché?!"
"Stanno iniziando a cantare, me lo sento nelle ossa."
E ci siamo catapultate per una scorciatoia a rotta di collo e siamo entrate con tutti già schierati e Ad in piedi sulla pedana rosso ciliegia che dava le ultime dritte ai musicisti.
Svicolando tutto a mancina mi sono piazzata bordo bordo, dove piace stare a me, dove posso sbracciare e saltare senza dare fastidio al prossimo e poi vicino alle coriste dell'altro coro, che a me mescolare le voci e fare comunella mi piace assai.
Stavo appunto facendo comunella con la corista cognata del macellaio di cui sopra quando Ad mi ha spostata nel mezzo.
Però ho saltato e ballato lo stesso, ho cantato dalla punta dei capelli all'unghia del mignolo del piede. Il bandoneon, il pianoforte, il violoncello e le percussioni danzavano come anche Ad, sulla sua pedana color ciliegia, per fortuna piuttosto ampia.
Mi sono goduta tutto, dalle due ore di pullman andata e ritorno alla prova generale con tutto - tutto - daccapo, alla pizzetta nella pizzeria buonissima sovraffollata, al caffé in piazza con la Balle e la Tenora, al concerto, al dopo concerto, al gatto di RodolfoValentino e della BellaV. che ha fatto la cacca nello spogliatoio delle donne, insomma che dire.
E martedì ci sono di nuovo le prove.
Sono in estasi.
Oltre a quello a metà schiena che ho sempre, e che non riesco ad allacciarmi le scarpe la mattina.
Però sabato, quando sono uscita prima dal lavoro per andare dalla parrucchiera, magicamente ha cominciato a scomparire. Mentre preparavo la borsa per la trasferta se n'era andato quasi del tutto. Quando sono arrivata a S.G. nell'auditorium per le prove, avevo la schiena di una tredicenne e ballavo.
Letteralmente.
Prima di scendere dal pullman avevo fatto la brava, avevo preso il microfono e avevo detto a tutti: "il Maestro si è raccomandato, ragazzi, le prove sono alle 18.30 precise, adesso sono le 18.15, nessuno si allontani, scendiamo dal pullman e andiamo dritti all'auditorium per le prove."
Scesa dal pullman sono arrivata all'auditorium, ho mollato la borsa con la divisa, ho piazzato il figlio RodolfoValentino in un luogo sicuro (il chiostro umido dell'ex convento, in compagnia di una coetanea e di un gatto) e me la sono filata con la Ballerina per andare a comprare il ciaùscolo.
Poi però, mentre eravamo lì nella solita macelleria a comprarne tre (uno per me, uno per lei, uno su commissione per il mezzosoprano solista) ha cominciato a prudermi la coppa.
"Il mio non me lo metta sottovuoto, lo prendo così com'è. Dài, Balle, paghiamo e andiamo."
"Perché?!"
"Stanno iniziando a cantare, me lo sento nelle ossa."
E ci siamo catapultate per una scorciatoia a rotta di collo e siamo entrate con tutti già schierati e Ad in piedi sulla pedana rosso ciliegia che dava le ultime dritte ai musicisti.
Svicolando tutto a mancina mi sono piazzata bordo bordo, dove piace stare a me, dove posso sbracciare e saltare senza dare fastidio al prossimo e poi vicino alle coriste dell'altro coro, che a me mescolare le voci e fare comunella mi piace assai.
Stavo appunto facendo comunella con la corista cognata del macellaio di cui sopra quando Ad mi ha spostata nel mezzo.
Però ho saltato e ballato lo stesso, ho cantato dalla punta dei capelli all'unghia del mignolo del piede. Il bandoneon, il pianoforte, il violoncello e le percussioni danzavano come anche Ad, sulla sua pedana color ciliegia, per fortuna piuttosto ampia.
Mi sono goduta tutto, dalle due ore di pullman andata e ritorno alla prova generale con tutto - tutto - daccapo, alla pizzetta nella pizzeria buonissima sovraffollata, al caffé in piazza con la Balle e la Tenora, al concerto, al dopo concerto, al gatto di RodolfoValentino e della BellaV. che ha fatto la cacca nello spogliatoio delle donne, insomma che dire.
E martedì ci sono di nuovo le prove.
Sono in estasi.
venerdì 23 novembre 2012
mercoledì 21 novembre 2012
A.A.A. cinque anni, usato come nuovo, vendesi.
"Mamma, ma io quanto costo?"
"Eh?"
"Quanto costo, io?"
"In che senso?"
"Un euro?"
"Ma perché me lo chiedi?"
"Me l'ha chiesto la Sofia."
"E chi è?"
"Una mia amica della scuola materna. Vuole sapere quanto costo."
"Ma perché?!"
"Perché mi vuole comprare per portarmi a casa sua. Allora, cosa le devo dire? Quanto costo? Un euro, cinque euro?"
"Eh?"
"Quanto costo, io?"
"In che senso?"
"Un euro?"
"Ma perché me lo chiedi?"
"Me l'ha chiesto la Sofia."
"E chi è?"
"Una mia amica della scuola materna. Vuole sapere quanto costo."
"Ma perché?!"
"Perché mi vuole comprare per portarmi a casa sua. Allora, cosa le devo dire? Quanto costo? Un euro, cinque euro?"
lunedì 19 novembre 2012
understatement.
"mamika vieni, ci manca il quarto."
"non so giocare."
"eddài, non importa. tira."
"sgghhh... hmf... gòl."
"urca, guarda che passaggio!"
"rfh... mmmmhh... gol."
"questo è colpa mia, non ho messo gli occhiali."
"hhhhhh... gnnnnnh... gol."
"evvai!"
"gol. ti sei distratto."
"... ma non avevi detto che non sapevi giocare???"
quando tre dei migliori giocatori tra i genitori della classe III B ti chiamano per fare il quarto a biliardino, meglio non esporsi troppo.
comunque è bello scoprire che non si è poi così tanto arrugginiti.
"non so giocare."
"eddài, non importa. tira."
"sgghhh... hmf... gòl."
"urca, guarda che passaggio!"
"rfh... mmmmhh... gol."
"questo è colpa mia, non ho messo gli occhiali."
"hhhhhh... gnnnnnh... gol."
"evvai!"
"gol. ti sei distratto."
"... ma non avevi detto che non sapevi giocare???"
quando tre dei migliori giocatori tra i genitori della classe III B ti chiamano per fare il quarto a biliardino, meglio non esporsi troppo.
comunque è bello scoprire che non si è poi così tanto arrugginiti.
venerdì 16 novembre 2012
Perplessitudine.
Ha iniziato il primo giorno.
Ha fissato i suoi occhi a mandorla nei miei, mi ha sorriso e ha detto: "Tu hai una bella voce."
Mah, insomma, le ho detto io. Non "bella" ma "utile", le ho risposto.
In effetti la mia voce è troppo chiara per essere di contralto, è troppo leggera per un mezzosoprano, è troppo sfigata per un soprano.
Però a forza di ripetere e ripetere e ripetere, a forza di insistere, insomma, adesso mi ci diverto abbastanza. Non è che rispetto a vent'anni fa sia diventata "bella", e ormai non lo diventerà. Però nel tempo ho imparato a fare delle cose. Piano quando serve, forte quando serve. Triste quando deve, gioiosa quando è il suo tempo. Perché cantare è un po' come l'Ecclesiaste, c'è un tempo per ridere e un tempo per ballare, un tempo per piangere, eccetera eccetera.
Mi dà sempre un po' fastidio perché è nasale, e in mezzo ai mezzi spicca come quella di un castrato in un coro di bassi russi.
Comunque, ho imparato a farci delle cose che mi danno piacere. La mia voce mi permette di essere quella che sono, e di dire quello che voglio dire. E' le plus court chemin d'un coeur à un autre.
Però, poche bobbe e pedalare.
Invece.
Invece la maestra (sì Trantor, lo so che non si dice) di vocalità insiste. Che "è bella. Ha una grande estensione. Senti che belle note basse piene. Senti come arrivi bene in alto. Senti come appoggi. L'avete vista? Quando canta si vede la gioia di cantare. Devi passare nei soprani. Devi sostenere i contralti in questo passaggio."
Ma guarda tu se a (omissis) anni suonati dovevo diventare la prima della classe.
Che mi hanno sempre dato sui nervi, le prime della classe.
Mah.
Ha fissato i suoi occhi a mandorla nei miei, mi ha sorriso e ha detto: "Tu hai una bella voce."
Mah, insomma, le ho detto io. Non "bella" ma "utile", le ho risposto.
In effetti la mia voce è troppo chiara per essere di contralto, è troppo leggera per un mezzosoprano, è troppo sfigata per un soprano.
Però a forza di ripetere e ripetere e ripetere, a forza di insistere, insomma, adesso mi ci diverto abbastanza. Non è che rispetto a vent'anni fa sia diventata "bella", e ormai non lo diventerà. Però nel tempo ho imparato a fare delle cose. Piano quando serve, forte quando serve. Triste quando deve, gioiosa quando è il suo tempo. Perché cantare è un po' come l'Ecclesiaste, c'è un tempo per ridere e un tempo per ballare, un tempo per piangere, eccetera eccetera.
Mi dà sempre un po' fastidio perché è nasale, e in mezzo ai mezzi spicca come quella di un castrato in un coro di bassi russi.
Comunque, ho imparato a farci delle cose che mi danno piacere. La mia voce mi permette di essere quella che sono, e di dire quello che voglio dire. E' le plus court chemin d'un coeur à un autre.
Però, poche bobbe e pedalare.
Invece.
Invece la maestra (sì Trantor, lo so che non si dice) di vocalità insiste. Che "è bella. Ha una grande estensione. Senti che belle note basse piene. Senti come arrivi bene in alto. Senti come appoggi. L'avete vista? Quando canta si vede la gioia di cantare. Devi passare nei soprani. Devi sostenere i contralti in questo passaggio."
Ma guarda tu se a (omissis) anni suonati dovevo diventare la prima della classe.
Che mi hanno sempre dato sui nervi, le prime della classe.
Mah.
mercoledì 14 novembre 2012
Il tacco.
Cosa può fare un tacco,
quando a fine giornata sei un po' sfatta
ma passi lo stesso a mangiare una piada con le amiche.
Cosa può fare un tacco, davvero,
può fare miracoli,
cosa può fare un tacco
con la calza velata
e il panta lucido
anche se marina terragni ha detto
che il panta fa tamarro
(chissà, forse perché lei ha le gambe grosse
e non lo può mettere,
il panta).
Cosa può fare un tacco,
che ti fa ancheggiare anche
con l'ernia del disco
tra L5 e S1,
che ti dovevi operare,
dicevano.
Ma che operare.
Basta il tacco, ed ecco
che la schiena s'incurva,
là ove un dì era tutta pianura,
e pare pure che tu ci abbia un culo,
cosa che invero non hai mai avuto,
massimo massimo
un posto per sederti.
Cosa può fare un tacco,
che le amiche ti dicono che sei figa,
gli amici ti guardano contenti
e pensano,
pensano: "Toh, s'è ricordata
ch'era una femmina."
Cosa può farti un tacco
quando sali a dare gli avvisi al coro
sulla pedana del Maestro
e ti accorgi che lui non è poi così alto
come sembra quando dirige
e tiene pure il leggìo a venti metri dal naso
e quindi ti chini a squadra per leggere l'elenco
e ti torna il mal di schiena
un crampo al polpaccio
e i colleghi ti guardano come fossi
un travestito sbilenco al gay pride.
Cosa può farti, un tacco.
Domani metto le sneakers.
quando a fine giornata sei un po' sfatta
ma passi lo stesso a mangiare una piada con le amiche.
Cosa può fare un tacco, davvero,
può fare miracoli,
cosa può fare un tacco
con la calza velata
e il panta lucido
anche se marina terragni ha detto
che il panta fa tamarro
(chissà, forse perché lei ha le gambe grosse
e non lo può mettere,
il panta).
Cosa può fare un tacco,
che ti fa ancheggiare anche
con l'ernia del disco
tra L5 e S1,
che ti dovevi operare,
dicevano.
Ma che operare.
Basta il tacco, ed ecco
che la schiena s'incurva,
là ove un dì era tutta pianura,
e pare pure che tu ci abbia un culo,
cosa che invero non hai mai avuto,
massimo massimo
un posto per sederti.
Cosa può fare un tacco,
che le amiche ti dicono che sei figa,
gli amici ti guardano contenti
e pensano,
pensano: "Toh, s'è ricordata
ch'era una femmina."
Cosa può farti un tacco
quando sali a dare gli avvisi al coro
sulla pedana del Maestro
e ti accorgi che lui non è poi così alto
come sembra quando dirige
e tiene pure il leggìo a venti metri dal naso
e quindi ti chini a squadra per leggere l'elenco
e ti torna il mal di schiena
un crampo al polpaccio
e i colleghi ti guardano come fossi
un travestito sbilenco al gay pride.
Cosa può farti, un tacco.
Domani metto le sneakers.
lunedì 12 novembre 2012
con la pioggia.
a me quando piove forte vien voglia di abitini e di mare, di colori, sabbia, rastrello e paletta, di cose con le spalline sottili, di pelle abbronzata, di gelati, di testa sott'acqua, di gabbiani che pisolano al sole, di concerti che finiscono tardi col rinfresco all'aperto che a mezzanotte fa ancora caldo.
mi viene voglia di musica argentina, di viaggi, di cibo esotico, romanzi d'amore, abiti con le balze rosse, poltrone in ristoranti di lusso.
mi viene voglia di cucinare, lavare, stirare, leggere, scrivere, fare bambini, comprare caramelle e scarpe.
ho sempre pensato di essere metereopatica. ma forse sono solo pazza.
mi viene voglia di musica argentina, di viaggi, di cibo esotico, romanzi d'amore, abiti con le balze rosse, poltrone in ristoranti di lusso.
mi viene voglia di cucinare, lavare, stirare, leggere, scrivere, fare bambini, comprare caramelle e scarpe.
ho sempre pensato di essere metereopatica. ma forse sono solo pazza.
domenica 11 novembre 2012
Natural born Ladies.
Sono quelle dai capelli lunghi.
Lunghi dalla nascita.
Le loro madri non glieli hanno mai tagliati.
"Non ne ho il coraggio, sono così belli."
"Mi dicevano: tagliaglieli, che diventano più forti. Ma io non posso farlo."
Mia mamma me li tagliava sempre, a Pasqua. Tutti gli anni. Corti mezzo dito.
Non che fosse religiosa, è che "Sono più pratici", diceva. A marzo riusciva a farmi i codini, ai primi di aprile mi accompagnava dalla parrucchiera.
Mia madre ha sempre tenuto alle cose pratiche.
Ero una figlia nata per caso, e ho imparato presto le regole.
Avevo un'altalena in soggiorno. Però fino alle quattro del pomeriggio non dovevo fare rumore. E dovevo portare i capelli corti.
Ed è così che, io credo, non sono mai riuscita a farmeli crescere.
Invece loro camminano per strada, e i capelli si muovono sulla schiena.
Color del rame, color delle castagne. Hanno onde morbide. Color del cioccolato, colore della notte.
Si muovono e le onde morbide si muovono con loro, delicatamente, naturalmente.
E sono sempre belle.
Con la gonna lunga, con la gonna corta, con i pantaloni e gli stivali.
Con gli stivali da pioggia e l'impermeabile, stamattina, e una bellissima figlia coi capelli lunghi, uguale, dietro. Non hanno bisogno di trucco, o solo di un trucco leggero, indossano abiti morbidi e camminano con leggerezza. Non sembrano mai affaticate, solo lievemente stanche, a volte. Non conoscono le pene dell'amore non corrisposto ma solo i vaghi rimorsi di quello non concesso.
Navigano la vita come snelli velieri su un mare sempre calmo. Sposano uomini ricchi, fanno bei figli e danno loro nomi composti, o nomi di colori. Vanno in vacanza in posti dei quali faccio fatica a ricordare il nome, vanno a New York a Natale, conoscono i posti migliori nei teatri di Londra, hanno un piccolo appartamento a Parigi.
Sono così belle che fai fatica a dar loro l'età. Sono così belle che a me piace guardarle quando passano, osservare i loro lunghi capelli, la pelle di cipria, i cappotti di panno color cammello, le borse di nappa, le scarpe basse di cuoio o quelle col tacco sottile.
Mi piace guardarle mentre osservano quelle vetrine che io non guardo mai.
Lunghi dalla nascita.
Le loro madri non glieli hanno mai tagliati.
"Non ne ho il coraggio, sono così belli."
"Mi dicevano: tagliaglieli, che diventano più forti. Ma io non posso farlo."
Mia mamma me li tagliava sempre, a Pasqua. Tutti gli anni. Corti mezzo dito.
Non che fosse religiosa, è che "Sono più pratici", diceva. A marzo riusciva a farmi i codini, ai primi di aprile mi accompagnava dalla parrucchiera.
Mia madre ha sempre tenuto alle cose pratiche.
Ero una figlia nata per caso, e ho imparato presto le regole.
Avevo un'altalena in soggiorno. Però fino alle quattro del pomeriggio non dovevo fare rumore. E dovevo portare i capelli corti.
Ed è così che, io credo, non sono mai riuscita a farmeli crescere.
Invece loro camminano per strada, e i capelli si muovono sulla schiena.
Color del rame, color delle castagne. Hanno onde morbide. Color del cioccolato, colore della notte.
Si muovono e le onde morbide si muovono con loro, delicatamente, naturalmente.
E sono sempre belle.
Con la gonna lunga, con la gonna corta, con i pantaloni e gli stivali.
Con gli stivali da pioggia e l'impermeabile, stamattina, e una bellissima figlia coi capelli lunghi, uguale, dietro. Non hanno bisogno di trucco, o solo di un trucco leggero, indossano abiti morbidi e camminano con leggerezza. Non sembrano mai affaticate, solo lievemente stanche, a volte. Non conoscono le pene dell'amore non corrisposto ma solo i vaghi rimorsi di quello non concesso.
Navigano la vita come snelli velieri su un mare sempre calmo. Sposano uomini ricchi, fanno bei figli e danno loro nomi composti, o nomi di colori. Vanno in vacanza in posti dei quali faccio fatica a ricordare il nome, vanno a New York a Natale, conoscono i posti migliori nei teatri di Londra, hanno un piccolo appartamento a Parigi.
Sono così belle che fai fatica a dar loro l'età. Sono così belle che a me piace guardarle quando passano, osservare i loro lunghi capelli, la pelle di cipria, i cappotti di panno color cammello, le borse di nappa, le scarpe basse di cuoio o quelle col tacco sottile.
Mi piace guardarle mentre osservano quelle vetrine che io non guardo mai.
domenica 7 ottobre 2012
another end of the world as we know it
bene, facciamo una cosa veloce. forse era meglio se non venivo. restavo al lavoro. ormai sono qui. guarda il sindaco, è come clint eastwood, ha solo due espressioni, col cappello e senza. ci sono i volontari della coop con le pettorine rosse. ci sono tutti i vecchi coristi. ci sono tutti i vecchi comunisti dei tre grandi quartieri comunisti della città. uno pensa che un funerale senza chiesa sia meno triste invece è peggio perché c'è solo il morto, la gente, il cielo. non c'è la chiesa che ti tiene all'interno, il prete che parla di consolazione, niente parole da ripetere per riempirsi la bocca e illudere il cuore. ci sono proprio tutti. qualcuno sulla sedia a rotelle, maledizione. ma io sono brava e sorrido. ho in mano una grossa rosa rossa con la carta rossa e il fiocco rosso da mettere sulla bara, per tutte le volte che elio mi ha portato il caffè, per tutte le volte che mi ha parlato di mio padre di quando era giovane, per tutte le volte che mi ha detto che sono bella, per tutte le centinaia di migliaia di volte che mi ha sorriso, per tutte le poesie che ha scritto, per tutte le volte che mi ha fatto ballare. una rosa sola ma grossa e tremendamente rossa. quindi sarò serena. arriva giacomino che guida il carro funebre, sembra dan ackroyd vestito da blues brothers. ci sono una serie di assessori ed ex assessori e gente che non ha mai avuto un assessorato ma gli sarebbe tanto piaciuto. ci sono le arzdore e gli elettricisti, gli amministratori e gli amministrati, intere case del popolo e un gruppo di noti fascisti che però gli volevano bene. io sono in piedi e non faccio facce. penso che tutto sommato me la caverò bene. arriva m.o Ad. vuole dirmi qualcosa. sono tranquilla e gli sorrido nel sole orribile di questo pessimo sabato mattina.
"mamik, hai saputo?"
"cosa?"
"ha voluto essere vestito con la divisa del coro."
"mamik, hai saputo?"
"cosa?"
"ha voluto essere vestito con la divisa del coro."
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domenica 30 settembre 2012
the MET experience
- dài, manda un messaggio a zio michibus, chiedigli com'è andata ieri sera al MET, com'è stato dirigere carmen nel tempio della lirica americana, se ha avuto una standing ovation, se gli hanno dato i biglietti per i knicks, se ha incontrato woody allen...
- ok. fatto.
- risposta?
- ecco qui. dice che è andato tutto bene.
- e poi?
- è piaciuto tutto molto, sono stati applauditi tutti, anche lui...
- e poi?
- ci chiede una cosa, ci chiede...
- cosa, cosa?
- chiede...
- COSA?
- ... chiede cosa sta facendo la juve.
- ok. fatto.
- risposta?
- ecco qui. dice che è andato tutto bene.
- e poi?
- è piaciuto tutto molto, sono stati applauditi tutti, anche lui...
- e poi?
- ci chiede una cosa, ci chiede...
- cosa, cosa?
- chiede...
- COSA?
- ... chiede cosa sta facendo la juve.
mercoledì 19 settembre 2012
the cohen connection.
- insomma facciamo questa cosa dal Don, ti avremmo inserita.
- in che senso?
- abbiamo messo anche il tuo nome.
- ma non ho fatto le prove, ormai...
- ma i pezzi li sai.
- e se qualcuna si arrabbia...
- pazienza.
- ma c'è il pezzo nuovo di cohen che non so...
- è facile. a proposito, dovresti cantarlo da soprano secondo.
- ma è alto?
- no, bassissimo. facilissimo. lo fai a prima vista. te lo mando, ma puoi anche non leggerlo e non ascoltarlo e farlo lì direttamente domani sera, che ti ci vuole. facilissimo. bassissimo. a prima vista. facil(ad lib.)
- in che senso?
- abbiamo messo anche il tuo nome.
- ma non ho fatto le prove, ormai...
- ma i pezzi li sai.
- e se qualcuna si arrabbia...
- pazienza.
- ma c'è il pezzo nuovo di cohen che non so...
- è facile. a proposito, dovresti cantarlo da soprano secondo.
- ma è alto?
- no, bassissimo. facilissimo. lo fai a prima vista. te lo mando, ma puoi anche non leggerlo e non ascoltarlo e farlo lì direttamente domani sera, che ti ci vuole. facilissimo. bassissimo. a prima vista. facil(ad lib.)
giovedì 13 settembre 2012
Shéhérazade.
L'orchestra tuona cupe sentenze, per quattro volte.
Poi: - aspetta - dice, sospesa, - adesso lei entra.
- ascolta.
Lei si alza, e comincia a raccontare.
Racconta di un vascello che spiega le vele e fende le onde, senza paura.
Lei, è così brava, a raccontare.
Forse perché lo fa per salvarsi la vita.
Musica, e racconto.
Era tanto tempo che non ascoltavo quest'opera di Korsakov. L'ho ascoltata moltissimo quando ero bambina, poi più. L'altro giorno ho cercato il cd e l'ho messo nell'i-pod, spinta dal bisogno di riascoltare esattamente quest'opera, nota per nota.
Mi sono stupita della sua capacità di portarmi via. Strano, io non amo i russi. Li amavo, una volta, così come amavo Chopin. Ma poi più, da molti anni.
Mi sono stupita anche del fatto che ricordavo ogni nota e ogni strumento. Mi sono stupita del fatto che da piccola, evidentemente, avevo capito tutto, il violino e l'arpa, i contrabbassi e i timpani, il discorso del fagotto, i pizzicati, il rullo. Mi sono chiesta per un attimo allora quale sia la distinzione tra musica facile e difficile, se esistano davvero cose per bambini, o se esistano cose che i bambini non possono comprendere.
Mi sono chiesta, per un attimo.
L'attimo dopo scivolavo, veloce, sul mare.
Poi: - aspetta - dice, sospesa, - adesso lei entra.
- ascolta.
Lei si alza, e comincia a raccontare.
Racconta di un vascello che spiega le vele e fende le onde, senza paura.
Lei, è così brava, a raccontare.
Forse perché lo fa per salvarsi la vita.
Musica, e racconto.
Era tanto tempo che non ascoltavo quest'opera di Korsakov. L'ho ascoltata moltissimo quando ero bambina, poi più. L'altro giorno ho cercato il cd e l'ho messo nell'i-pod, spinta dal bisogno di riascoltare esattamente quest'opera, nota per nota.
Mi sono stupita della sua capacità di portarmi via. Strano, io non amo i russi. Li amavo, una volta, così come amavo Chopin. Ma poi più, da molti anni.
Mi sono stupita anche del fatto che ricordavo ogni nota e ogni strumento. Mi sono stupita del fatto che da piccola, evidentemente, avevo capito tutto, il violino e l'arpa, i contrabbassi e i timpani, il discorso del fagotto, i pizzicati, il rullo. Mi sono chiesta per un attimo allora quale sia la distinzione tra musica facile e difficile, se esistano davvero cose per bambini, o se esistano cose che i bambini non possono comprendere.
Mi sono chiesta, per un attimo.
L'attimo dopo scivolavo, veloce, sul mare.
domenica 9 settembre 2012
quisquiGLIe
ho ripreso a lavorare.
domani è il mio compleanno e c'è la fiera del paese (ho già comprato due paia di scarpe il primo giorno, bruciando il bonus e la possibilità di iscrivere i miei figli a una scuola privata).
tra due giorni ricomincia la scuola.
devo tinteggiare soggiorno e cucina e comprare un divano nuovo (i.e. non sventrato).
il 18 riprende il coro.
nel frattempo, visto che il coro non ricominciava, mi sono iscritta a un corso di gospel e a chitarra (chitarra assieme ai figli, gospel da sola).
vorrei tanto scrivere finalmente il mio romanzo.
cioè, uno dei tre-quattro che ho in testa.
insomma, ho un po' da fare.
domani è il mio compleanno e c'è la fiera del paese (ho già comprato due paia di scarpe il primo giorno, bruciando il bonus e la possibilità di iscrivere i miei figli a una scuola privata).
tra due giorni ricomincia la scuola.
devo tinteggiare soggiorno e cucina e comprare un divano nuovo (i.e. non sventrato).
il 18 riprende il coro.
nel frattempo, visto che il coro non ricominciava, mi sono iscritta a un corso di gospel e a chitarra (chitarra assieme ai figli, gospel da sola).
vorrei tanto scrivere finalmente il mio romanzo.
cioè, uno dei tre-quattro che ho in testa.
insomma, ho un po' da fare.
mercoledì 15 agosto 2012
Una fetta di limone (nel tè).
Sto camminando velocemente lungo il corso per andare a un concerto.
Mi chiedo perché sto camminando velocemente, visto che mancano quaranta minuti al concerto ed io non ho figli al seguito.
Mi fermo sotto gli ombrelloni del bar, mi sideo. Prendo un caffé, fumo una sigaretta.
Poi riparto camminando più lentamente.
Girato l'angolo della piazza prendo in pieno il vento, quel vento che in questo angolo di piazza c'è sempre, in ogni stagione, quel vento che veniva a prendere Rossini sedendosi al caffé sotto le logge con la bella Costanza Monti Perticari, un giugno di centonovantaquattro anni fa.
Il vento m'incolla il vestito al corpo.
Giro la testa verso le logge, ma Rossini non è lì.
C'è un gruppo di vecchietti seduto sui gradoni di marmo. Due sono in piedi di fronte agli altri e mi guardano.
"Ecco, questa, questa ti piacerebbe? te la prenderesti in casa?", fa il vecchietto numero uno al numero due.
"Eh, questa mi piacerebbe sì", fa il vecchietto numero due, pencolando pericolosamente nella mia direzione.
"Me piacerìa più d'un bicchiér d'acqua s'al limòn", decreta convinto.
Il che, tenuto conto del fatto che fa un gran caldo, probabilmente è un complimento.
Svolto un altro angolo e arrivo a teatro, dove ascolto
questo.
Mi chiedo perché sto camminando velocemente, visto che mancano quaranta minuti al concerto ed io non ho figli al seguito.
Mi fermo sotto gli ombrelloni del bar, mi sideo. Prendo un caffé, fumo una sigaretta.
Poi riparto camminando più lentamente.
Girato l'angolo della piazza prendo in pieno il vento, quel vento che in questo angolo di piazza c'è sempre, in ogni stagione, quel vento che veniva a prendere Rossini sedendosi al caffé sotto le logge con la bella Costanza Monti Perticari, un giugno di centonovantaquattro anni fa.
Il vento m'incolla il vestito al corpo.
Giro la testa verso le logge, ma Rossini non è lì.
C'è un gruppo di vecchietti seduto sui gradoni di marmo. Due sono in piedi di fronte agli altri e mi guardano.
"Ecco, questa, questa ti piacerebbe? te la prenderesti in casa?", fa il vecchietto numero uno al numero due.
"Eh, questa mi piacerebbe sì", fa il vecchietto numero due, pencolando pericolosamente nella mia direzione.
"Me piacerìa più d'un bicchiér d'acqua s'al limòn", decreta convinto.
Il che, tenuto conto del fatto che fa un gran caldo, probabilmente è un complimento.
Svolto un altro angolo e arrivo a teatro, dove ascolto
questo.
sabato 11 agosto 2012
silenzio. c'è il biondino in buca.
silenzio.
parla rossini.
e quest'anno, in buca, c'è il biondino che balla.
felice ascolto.
parla rossini.
e quest'anno, in buca, c'è il biondino che balla.
felice ascolto.
mercoledì 8 agosto 2012
che nessuno caghi.
ok, ok, manca l'acqua da ieri pomeriggio, ok, ok, si è rotto l'acquedotto, è un caldo porco però ieri sera abbiamo fatto tutti la doccia a casa dei miei quindi è tutto sotto controllo, ok, ieri con l'ultimo filino d'acqua ho riempito un secchio, ci sono le bottiglie di minerale per lavare i denti, il secchio d'acqua per le ascelle, ok, è tutto sotto controllo, dicono che questo pomeriggio l'acqua tornerà, magari non sarà di pomeriggio, ok, magari sarà di sera o di notte, però col secchio ce la caviamo egregiamente, sono stata ganza a pensare di riempire il secchio, ok, sono stata brava, sono una massaia da manuale, il secchio è il tocco di classe, ok, ci si rinfresca il viso ed è come aver fatto la doccia, ok, ho ancora due paia di mutande pulite ma soprattutto è il secchio che ci fa da scorta che psicologicam...
"mamma, mi scappa la cacca."
"mamma, mi scappa la cacca."
giovedì 2 agosto 2012
the last midsummer concert.
allora, com'è andato.
è andato che io mi sono incazzata alle quattro di pomeriggio, e via andare.
è andata che ero lì alle quattro meno dieci perché nessuno (i.e. il m.o direttore, che sapeva che io sarei stata lì alle quattro) mi aveva avvertito che le prove degli strumentisti erano spostate alle cinque.
cominciare con un'incazzatura che monta come la panna sbattuta dalle fruste elettriche non è un gran modo di cominciare.
che poi la sala al sesto piano dell'albergo tutta a vetrate a picco sul mare deserta e silenziosa alle quattro del pomeriggio era bellissima, eh.
che poi alle quattro e un quarto quando è arrivato il bandoneonista nuovo, abruzzese, bello-bravo-molto simpatico e mi ha detto che le prove erano rimandate di un'ora gli ho offerto una sigaretta che abbiamo fumato in terrazza fronte mare, con chilometri di bagnanti in costume e mare grigioazzurro, e pensavo che l'incazzatura mi sarebbe passata.
non mi è passata.
ho mandato un sms incazzatissimo al direttore che non mi aveva avvisato, e pensavo che l'incazzatura mi sarebbe passata.
non mi è passata.
nel frattempo con un paio di telefonate bene assestate ho reperito l'informazione sull'albergo del bandoneonista e ce l'ho accompagnato. e poi l'ho lasciato lì e sono tornata a fumare in terrazza, giuro.
"guarda che il bandoneòn puoi lasciarlo qui, nessuno te lo tocca."
"no, no, lo prendo, il mio bambino. non lo lascio mai solo."
"ah, scusa. hai ragione."
"sai quanti anni ha? novanta."
"oh cielo. e se gli succede qualcosa dove lo porti?"
"in germania."
poi sono arrivati i musicisti e il maestro e io mi sono rannicchiata su una pedana a ripassare, e pensavo che l'incazzatura mi sarebbe passata.
non mi è passata.
poi è arrivata la ballerina e abbiamo venduto i biglietti, tanti biglietti, ai francesi che ci seguono da dieci anni, alle amate carampane della lirica di cignocittà, agli amici, ai nemici e a quelli ai quali non gliene frega niente. e pensavo che...
... e invece no.
poi ci siamo vestite e pittate di corsa, siamo entrate per cantare e mi sono ritrovata nella classica situazione che capita sovente all'ultimo contralto sulla destra guardando il palco, vale a dire: avevo un enorme tamburo praticamente sui piedi ma non potevo arretrare perché la corista dietro di me teneva la sua parte appoggiata sulla mia noce capo collo. in più il bel bandoneonista, alto e prestante, risultava piazzato esattamente tra me e il direttore, del quale per tutto il concerto sono riuscita solo a intravedere, ogni tanto, la punta delle dita della mano sinistra. abbiamo cantato benissimo e siamo piaciuti tanto. i musicisti hanno suonato da dio. e pensavo che...
... e invece no.
poi era ora di smontare le pedane, ma io questo giro ho deciso che no. quando sono scesa di sotto era tardissimo e avevo salutato tutti e avevo chiesto "dove andiamo a mangiare" e stavo per andare a mangiare però ero rimasta a chiacchierare e poi mi avviavo e poi salutavo e poi mi riavv
"mamika! ho visto il tuo messaggio solo adesso. scusami!"
"hm."
"no, scusami! scusami davvero."
"non ti preoccupare. ci mancherebbe."
"scusa."
"tranquillo. non mi sono incazzata per niente."
"davvero?"
"giuro."
"scusami."
"niente. non mi sono affatto incazzata."
"sc..."
"hm."
e poi ho mangiato una pizza col formaggio, le noci e qualcos'altro, una pizza che era la fine del mondo.
è andato che io mi sono incazzata alle quattro di pomeriggio, e via andare.
è andata che ero lì alle quattro meno dieci perché nessuno (i.e. il m.o direttore, che sapeva che io sarei stata lì alle quattro) mi aveva avvertito che le prove degli strumentisti erano spostate alle cinque.
cominciare con un'incazzatura che monta come la panna sbattuta dalle fruste elettriche non è un gran modo di cominciare.
che poi la sala al sesto piano dell'albergo tutta a vetrate a picco sul mare deserta e silenziosa alle quattro del pomeriggio era bellissima, eh.
che poi alle quattro e un quarto quando è arrivato il bandoneonista nuovo, abruzzese, bello-bravo-molto simpatico e mi ha detto che le prove erano rimandate di un'ora gli ho offerto una sigaretta che abbiamo fumato in terrazza fronte mare, con chilometri di bagnanti in costume e mare grigioazzurro, e pensavo che l'incazzatura mi sarebbe passata.
non mi è passata.
ho mandato un sms incazzatissimo al direttore che non mi aveva avvisato, e pensavo che l'incazzatura mi sarebbe passata.
non mi è passata.
nel frattempo con un paio di telefonate bene assestate ho reperito l'informazione sull'albergo del bandoneonista e ce l'ho accompagnato. e poi l'ho lasciato lì e sono tornata a fumare in terrazza, giuro.
"guarda che il bandoneòn puoi lasciarlo qui, nessuno te lo tocca."
"no, no, lo prendo, il mio bambino. non lo lascio mai solo."
"ah, scusa. hai ragione."
"sai quanti anni ha? novanta."
"oh cielo. e se gli succede qualcosa dove lo porti?"
"in germania."
poi sono arrivati i musicisti e il maestro e io mi sono rannicchiata su una pedana a ripassare, e pensavo che l'incazzatura mi sarebbe passata.
non mi è passata.
poi è arrivata la ballerina e abbiamo venduto i biglietti, tanti biglietti, ai francesi che ci seguono da dieci anni, alle amate carampane della lirica di cignocittà, agli amici, ai nemici e a quelli ai quali non gliene frega niente. e pensavo che...
... e invece no.
poi ci siamo vestite e pittate di corsa, siamo entrate per cantare e mi sono ritrovata nella classica situazione che capita sovente all'ultimo contralto sulla destra guardando il palco, vale a dire: avevo un enorme tamburo praticamente sui piedi ma non potevo arretrare perché la corista dietro di me teneva la sua parte appoggiata sulla mia noce capo collo. in più il bel bandoneonista, alto e prestante, risultava piazzato esattamente tra me e il direttore, del quale per tutto il concerto sono riuscita solo a intravedere, ogni tanto, la punta delle dita della mano sinistra. abbiamo cantato benissimo e siamo piaciuti tanto. i musicisti hanno suonato da dio. e pensavo che...
... e invece no.
poi era ora di smontare le pedane, ma io questo giro ho deciso che no. quando sono scesa di sotto era tardissimo e avevo salutato tutti e avevo chiesto "dove andiamo a mangiare" e stavo per andare a mangiare però ero rimasta a chiacchierare e poi mi avviavo e poi salutavo e poi mi riavv
"mamika! ho visto il tuo messaggio solo adesso. scusami!"
"hm."
"no, scusami! scusami davvero."
"non ti preoccupare. ci mancherebbe."
"scusa."
"tranquillo. non mi sono incazzata per niente."
"davvero?"
"giuro."
"scusami."
"niente. non mi sono affatto incazzata."
"sc..."
"hm."
e poi ho mangiato una pizza col formaggio, le noci e qualcos'altro, una pizza che era la fine del mondo.
lunedì 30 luglio 2012
la conta dei reggiseni.
l'aver lavato n. 6 reggiseni
- 3 push up neri, 1 push up nero senza spalline,
1 push up fucsia, 1 balconcino di raso grigio e pizzo nero-
rimasti appiccati penzoloni in bagno
messi dentro il secchio con l'acqua tiepida
e il sapone di marsiglia
e mentre cresceva la schiuma
e scuotevo le coppe dolcemente
per non rovinarle
mi montava il sospetto
... avrò mica davvero usato un reggiseno diverso per ogni concerto?!
- 3 push up neri, 1 push up nero senza spalline,
1 push up fucsia, 1 balconcino di raso grigio e pizzo nero-
rimasti appiccati penzoloni in bagno
messi dentro il secchio con l'acqua tiepida
e il sapone di marsiglia
e mentre cresceva la schiuma
e scuotevo le coppe dolcemente
per non rovinarle
mi montava il sospetto
... avrò mica davvero usato un reggiseno diverso per ogni concerto?!
venerdì 27 luglio 2012
Gott-in-Himmel.
Un venerdì mattina presto di luglio.
Due angeli custodi fanno colazione al bar Gott-in-Himmell, sulla rotatoria tra la Via Lattea e la Galassia SC-N- 81.
I due angeli custodi si chiamano Michael Phileas Augustus II e Fred.
"E' nostro dovere intervenire, Fred," dice Michael, mentre si versa un goccio di latte nel the.
"Mhpf", risponde Fred, masticando una brioche al ciocolato.
"Sei sicuro?"
"Assolutamente. Ti rendi conto di quello che ha combinato la loro madre questo mese?"
"Beh... ha cantato a un paio di concerti...", azzarda Fred, poco convinto. Fred trova che Michael sia un po' troppo, come dire, rigido, a volte. Ma non si azzarderà mai a dirglielo, perché Michael ha un filo diretto col Capo, un canale privilegiato, e Fred ci tiene particolarmente a mantenere un basso profilo. A restare fuori dai guai.
"Un paio di concerti? Se conti anche le due trasferte fanno sei in tutto."
"Veramente," azzarda timido Fred, "al concerto di Bohème si è limitata a vendere i biglietti."
"Già, dalle sei di pomeriggio alle nove e mezza di sera. E dov'erano i nostri bambini? dalla nonna. E quando ha finito di vendere i biglietti con quell'altra lì, come si chiama," Michael arriccia il naso con un vago senso di disgusto," la Ballerina... beh, alle nove e mezza quelle due si sono staccate due gratuiti e sono entrate a vedersi l'opera."
"Ma se lo meritavano, dài..."
"Sei pazzo? avrebbero dovuto mollare tutto e andare a mettere a letto i figli."
"Ma... il figlio della Ballerina ha diciotto anni, magari non era nemmeno a casa."
"Non è questo il punto!", sbuffa Michael, spazientito, "noi ci preoccupiamo di RodolfoValentino e Guanciabella, che ci furono affidati dalla Pietà Celeste."
"Certohmf" annuisce Fred, attaccando un krapfen alla crema.
"E ieri che ora ha fatto? Le due del mattino. Per cosa poi? Per una pizza con le noci e uno shandy medio."
"Beh, però lo shandy è meno alcolico della birra weiss", osserva Fred in modo del tutto incongruo. Michael finge di non aver sentito.
"Dunque, ne converrai anche tu, dobbiamo mandarle una Piaga." Michael sorride serafico mescolando il suo the.
"Una... Piaga? intendi tipo le cavallette, o il buio? Quelle cose lì? Ma non erano state proibite con la Circolare Divina 4782/2011?"
Michael sorride.
"Figurati. Le cavallette gliele abbiamo già mandate la settimana scorsa con l'ondata di caldo torrido e quella neppure se n'è accorta, quando le ha viste voleva catturarne un po' per friggerle in padella. Quanto al buio, cosa vuoi che gliene freghi del buio a una tizia miope dodici gradi dall'occhio destro e tredici dal sinistro. No, pensavo qualcosa di più... sai, qualcosa di più sottile," dice Michael, sorridendo solo coi denti di sopra. Fred sente un brivido corrergli lungo la schiena, nell'incavo morbido tra le grandi ali piumate.
"Pensavo a qualcosa che non si configuri come una violazione alla C.D. 4782, qualcosa che possa camuffarsi da disastro quotidiano, una Piaga comune tra i bambini..."
Fred fa un salto sulla sedia.
"Bambini? vorresti fare qualcosa ai nostri bambini? quei bambini che ci furono affidati dalla Pietà..."
"... dalla Pietà Celeste, lo so, lo so. Non ho in mente nulla di pericoloso. Una cosa tipo le cavallette, insomma, apparentemente innocuo ma... devastante. Non per i bambini, naturalmente."
Michael si sporge verso l'Orecchio Assoluto di Fred e sussurra dolcemente: " Devastante per la madre."
Fred spalanca gli occhi.
"Non intenderai mica... non intenderai..."
"Oh sì, Fred. Questa volta se lo merita proprio."
"Non puoi farlo. Non ne avrai il coraggio. Non... non con quel lord di RodolfoValentino, lo sai com'è fatto...". Fred è costernato, balza in piedi dalla sedia, agita le mani e sbatte le ali.
"E assolutamente non con il mio piccolo Guanciabella, il mio tesoro, con il suo sorriso contagioso, il piglio spavaldo, gli splendidi capelli lunghi striati di biondo, io... io... te lo proibisco!"
Michael rimane imperturbabile. Divinamente indifferente, continua a sorseggiare il suo the. Sul suo volto si disegna un sorriso serafico.
"Mio caro, è perfettamente inutile che ti agiti così. In verità l'ho già fatto."
Nel frattempo, sulla Terra.
"Mamikazen? Sono Marlowe. Non ti agitare, ma credo che i bambini abbiano i pidocchi."
Due angeli custodi fanno colazione al bar Gott-in-Himmell, sulla rotatoria tra la Via Lattea e la Galassia SC-N- 81.
I due angeli custodi si chiamano Michael Phileas Augustus II e Fred.
"E' nostro dovere intervenire, Fred," dice Michael, mentre si versa un goccio di latte nel the.
"Mhpf", risponde Fred, masticando una brioche al ciocolato.
"Sei sicuro?"
"Assolutamente. Ti rendi conto di quello che ha combinato la loro madre questo mese?"
"Beh... ha cantato a un paio di concerti...", azzarda Fred, poco convinto. Fred trova che Michael sia un po' troppo, come dire, rigido, a volte. Ma non si azzarderà mai a dirglielo, perché Michael ha un filo diretto col Capo, un canale privilegiato, e Fred ci tiene particolarmente a mantenere un basso profilo. A restare fuori dai guai.
"Un paio di concerti? Se conti anche le due trasferte fanno sei in tutto."
"Veramente," azzarda timido Fred, "al concerto di Bohème si è limitata a vendere i biglietti."
"Già, dalle sei di pomeriggio alle nove e mezza di sera. E dov'erano i nostri bambini? dalla nonna. E quando ha finito di vendere i biglietti con quell'altra lì, come si chiama," Michael arriccia il naso con un vago senso di disgusto," la Ballerina... beh, alle nove e mezza quelle due si sono staccate due gratuiti e sono entrate a vedersi l'opera."
"Ma se lo meritavano, dài..."
"Sei pazzo? avrebbero dovuto mollare tutto e andare a mettere a letto i figli."
"Ma... il figlio della Ballerina ha diciotto anni, magari non era nemmeno a casa."
"Non è questo il punto!", sbuffa Michael, spazientito, "noi ci preoccupiamo di RodolfoValentino e Guanciabella, che ci furono affidati dalla Pietà Celeste."
"Certohmf" annuisce Fred, attaccando un krapfen alla crema.
"E ieri che ora ha fatto? Le due del mattino. Per cosa poi? Per una pizza con le noci e uno shandy medio."
"Beh, però lo shandy è meno alcolico della birra weiss", osserva Fred in modo del tutto incongruo. Michael finge di non aver sentito.
"Dunque, ne converrai anche tu, dobbiamo mandarle una Piaga." Michael sorride serafico mescolando il suo the.
"Una... Piaga? intendi tipo le cavallette, o il buio? Quelle cose lì? Ma non erano state proibite con la Circolare Divina 4782/2011?"
Michael sorride.
"Figurati. Le cavallette gliele abbiamo già mandate la settimana scorsa con l'ondata di caldo torrido e quella neppure se n'è accorta, quando le ha viste voleva catturarne un po' per friggerle in padella. Quanto al buio, cosa vuoi che gliene freghi del buio a una tizia miope dodici gradi dall'occhio destro e tredici dal sinistro. No, pensavo qualcosa di più... sai, qualcosa di più sottile," dice Michael, sorridendo solo coi denti di sopra. Fred sente un brivido corrergli lungo la schiena, nell'incavo morbido tra le grandi ali piumate.
"Pensavo a qualcosa che non si configuri come una violazione alla C.D. 4782, qualcosa che possa camuffarsi da disastro quotidiano, una Piaga comune tra i bambini..."
Fred fa un salto sulla sedia.
"Bambini? vorresti fare qualcosa ai nostri bambini? quei bambini che ci furono affidati dalla Pietà..."
"... dalla Pietà Celeste, lo so, lo so. Non ho in mente nulla di pericoloso. Una cosa tipo le cavallette, insomma, apparentemente innocuo ma... devastante. Non per i bambini, naturalmente."
Michael si sporge verso l'Orecchio Assoluto di Fred e sussurra dolcemente: " Devastante per la madre."
Fred spalanca gli occhi.
"Non intenderai mica... non intenderai..."
"Oh sì, Fred. Questa volta se lo merita proprio."
"Non puoi farlo. Non ne avrai il coraggio. Non... non con quel lord di RodolfoValentino, lo sai com'è fatto...". Fred è costernato, balza in piedi dalla sedia, agita le mani e sbatte le ali.
"E assolutamente non con il mio piccolo Guanciabella, il mio tesoro, con il suo sorriso contagioso, il piglio spavaldo, gli splendidi capelli lunghi striati di biondo, io... io... te lo proibisco!"
Michael rimane imperturbabile. Divinamente indifferente, continua a sorseggiare il suo the. Sul suo volto si disegna un sorriso serafico.
"Mio caro, è perfettamente inutile che ti agiti così. In verità l'ho già fatto."
Nel frattempo, sulla Terra.
"Mamikazen? Sono Marlowe. Non ti agitare, ma credo che i bambini abbiano i pidocchi."
domenica 22 luglio 2012
cose belle
avevo il trucco e la pettinatura suggerite dalla *collega romana*
c'era una piccola chiesa antica e bellissima
e frammenti di affreschi
e balaustre di marmo ricamate, come zucchero
e un prato, fuori, con i tavoli e da mangiare
c'era Vlad il pianista che stava bene, e sorrideva
c'era Ad molto fiero del leggìo nuovo
c'era un bagno con due specchi per rifarsi il trucco
una serata fresca
il bar del paese con i vecchietti sulla porta, e i ragazzi al bancone
io che cantavo da soprano e ogni tanto improvvisavo la parte
la mattina dopo, molto tardi, i baci di due bambini
e la proposta di matrimonio di quello piccolo
se ci pensate, le cose più belle costano
davvero poco.
c'era una piccola chiesa antica e bellissima
e frammenti di affreschi
e balaustre di marmo ricamate, come zucchero
e un prato, fuori, con i tavoli e da mangiare
c'era Vlad il pianista che stava bene, e sorrideva
c'era Ad molto fiero del leggìo nuovo
c'era un bagno con due specchi per rifarsi il trucco
una serata fresca
il bar del paese con i vecchietti sulla porta, e i ragazzi al bancone
io che cantavo da soprano e ogni tanto improvvisavo la parte
la mattina dopo, molto tardi, i baci di due bambini
e la proposta di matrimonio di quello piccolo
se ci pensate, le cose più belle costano
davvero poco.
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passione
sabato 21 luglio 2012
mi piaccion quelle cose
perché sei qui a vendere i biglietti.
perché sei qui.
in questo posto che odi.
tra queste persone che indossano la giacca vogliono il posto in prima fila e lo vogliono gratis.
e non gliene frega un c***o se in prima fila non si vede niente e se allunghi le gambe dai un calcio al primo violino.
loro vogliono la prima fila.
ha ragione *l'aliena* quando dice che sei fissata, malata, autolesionista.
spiegami che cosa c***o ci fai qui.
lo faccio per quelli che li stanno comprando, i biglietti. lo faccio per quel signore francese anziano che ci viene a sentire tutti gli anni e che adesso accompagno di sopra di nascosto a vedere com'è fatta la balconata sperando non mi becchi nessuno.
ecco mi ha beccato l'elettricista *il santo*.
ma lui non mi dice niente, *il santo* mi vuole bene dalla prima volta che ho fatto uno spettacolo con lui e mi sono carreggiata le scenografie da sola dal secondo piano seminterrato dei camerini al palcoscenico.
a teatro, gli elettricisti mi vogliono bene.
i direttori, mi considerano uno scarafaggio.
cosa c***o ci faccio qui.
adesso mi alzo e me ne vado.
tanto *la ballerina* se la cava benissimo da sola.
cioè, oggi era convinta di essersi persa una carta da cinquanta euro. però poi l'ha ritrovata sotto il cassetto degli spicci.
almeno preparo le buste con i c***i di biglietti omaggio.
ecco, su questa ci scrivo "M.o P. Cushing & Co.". tanto poi prima di dargliela la cambio con una normale.
mamma mia quanto sono allergica a queste mura. mi viene l'edema della glottide e mi cala l'ossigenazione del sangue. qualcuno ha un sacchetto di carta?
fuori ci sono trentanove gradi.
e il vento caldo che fa impazzire i deboli di mente, il vento di phenomena.
cosa c***o ci faccio qui.
lo faccio per quel deficiente che mi ha raccontato tutta la trama di traviata convinto che fosse bohème. lo faccio per i colleghi coristi che stasera si possono spaparanzare sulle poltroncine di velluto rosso. lo faccio perché basta con 'sta storia che qui a cignocittà se si fa l'opera si fa solo quella del cigno, che una volta qui l'opera si faceva tutta, tranne forse wagner ma quella è roba per amfortas e poche centinaia di migliaia di altri pazzi cui poi scappa da invadere la polonia. qui invece si parla di puccini, che diamine. lo faccio per vedere ancora una volta sul palcoscenico la storia di due deficienti squattrinati convinti di avere un qualche talento che si amano non si sa bene per quale motivo poi si lasciano non si sa bene per quale motivo poi tornano insieme e lei muore di tisi. intorno, parigi e tutto un gran pompare d'archi. e lo faccio perché cantano dei giovani.
"signorina? lei ha una busta per me?"
eccolo.
P. Cushing in persona.
"certo, Maestro, ecco, a lei."
"grazie."
...
"ciao Mamika."
cielo, Ad in lavatrice. pantalone e camicia così stirati, ma così stirati che...
"avete dato i biglietti al M.o Cushing?"
"certo Ad, glieli ho dati io, e..."
"... e?"
"niente."
"bene."
"bene."
c***o.
nella fretta gli ho dato la busta con la scritta "... & Co."
ma i fior ch'io faccio, ahimé, non hanno odore.
perché sei qui.
in questo posto che odi.
tra queste persone che indossano la giacca vogliono il posto in prima fila e lo vogliono gratis.
e non gliene frega un c***o se in prima fila non si vede niente e se allunghi le gambe dai un calcio al primo violino.
loro vogliono la prima fila.
ha ragione *l'aliena* quando dice che sei fissata, malata, autolesionista.
spiegami che cosa c***o ci fai qui.
lo faccio per quelli che li stanno comprando, i biglietti. lo faccio per quel signore francese anziano che ci viene a sentire tutti gli anni e che adesso accompagno di sopra di nascosto a vedere com'è fatta la balconata sperando non mi becchi nessuno.
ecco mi ha beccato l'elettricista *il santo*.
ma lui non mi dice niente, *il santo* mi vuole bene dalla prima volta che ho fatto uno spettacolo con lui e mi sono carreggiata le scenografie da sola dal secondo piano seminterrato dei camerini al palcoscenico.
a teatro, gli elettricisti mi vogliono bene.
i direttori, mi considerano uno scarafaggio.
cosa c***o ci faccio qui.
adesso mi alzo e me ne vado.
tanto *la ballerina* se la cava benissimo da sola.
cioè, oggi era convinta di essersi persa una carta da cinquanta euro. però poi l'ha ritrovata sotto il cassetto degli spicci.
almeno preparo le buste con i c***i di biglietti omaggio.
ecco, su questa ci scrivo "M.o P. Cushing & Co.". tanto poi prima di dargliela la cambio con una normale.
mamma mia quanto sono allergica a queste mura. mi viene l'edema della glottide e mi cala l'ossigenazione del sangue. qualcuno ha un sacchetto di carta?
fuori ci sono trentanove gradi.
e il vento caldo che fa impazzire i deboli di mente, il vento di phenomena.
cosa c***o ci faccio qui.
lo faccio per quel deficiente che mi ha raccontato tutta la trama di traviata convinto che fosse bohème. lo faccio per i colleghi coristi che stasera si possono spaparanzare sulle poltroncine di velluto rosso. lo faccio perché basta con 'sta storia che qui a cignocittà se si fa l'opera si fa solo quella del cigno, che una volta qui l'opera si faceva tutta, tranne forse wagner ma quella è roba per amfortas e poche centinaia di migliaia di altri pazzi cui poi scappa da invadere la polonia. qui invece si parla di puccini, che diamine. lo faccio per vedere ancora una volta sul palcoscenico la storia di due deficienti squattrinati convinti di avere un qualche talento che si amano non si sa bene per quale motivo poi si lasciano non si sa bene per quale motivo poi tornano insieme e lei muore di tisi. intorno, parigi e tutto un gran pompare d'archi. e lo faccio perché cantano dei giovani.
"signorina? lei ha una busta per me?"
eccolo.
P. Cushing in persona.
"certo, Maestro, ecco, a lei."
"grazie."
...
"ciao Mamika."
cielo, Ad in lavatrice. pantalone e camicia così stirati, ma così stirati che...
"avete dato i biglietti al M.o Cushing?"
"certo Ad, glieli ho dati io, e..."
"... e?"
"niente."
"bene."
"bene."
c***o.
nella fretta gli ho dato la busta con la scritta "... & Co."
ma i fior ch'io faccio, ahimé, non hanno odore.
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domenica 8 luglio 2012
La carica dei 101 beagle*
* per il parallelo tra coristi e beagle, vedi TRANTOR
1) ANTEFATTO
Sabato, dopo una mattinata infernale al lavoro, mi viene la malsana idea di farmi una doccia prima di andare a prendere il pullmann per RCS, la Ridente Cittadina sui Sibillini dove dobbiamo andare a cantare i Carmina Burana.
Naturalmente nell'esatto momento in cui decido di fare la doccia a tutti e tre gli uomini di casa scappa di andare al bagno, e noi abbiamo un bagno solo.
Poi, quello piccolo perde gli occhiali.
Poi, quello di mezzo non trova i calzoncini.
Poi escono tutti e tre di casa.
Poi tornano indietro, perché quello grande non trova la lista della spesa, che - grazie a un intervento di Santa Cecilia, plausibilmente - ritrovo appallottolato nel cestino del bagno.
E' ora di partire.
Arrivo nel parcheggio infuocato del campus scolastico, salgo sul pullmann, occupo con la mia borsa il quarto posto a sinistra lato non guidatore per il lievemente abitudinario M.o Ad e tiro fuori elenco dei coristi e penna. Man mano che mi sfilano davanti e vanno a sedersi faccio la spunta. All'ora della partenza ne mancano ancora due, sono due contralti e siccome noi contralti siamo una marea ho la tentazione di lasciarle a Cignocittà e partire.
Ma poi arrivano.
2) UCCIDETE YAMAMOTO
Mentre spiego la strada all'autista del pullmann (sì, lo so. Ma noi prendiamo il pullmann meno costoso, quindi non abbiamo posto per stendere le gambe, ogni tanto qualche pezzo del rivestimento interno si stacca e a volte l'autista sbaglia strada), lui mi racconta di quella volta che ha accompagnato il coro XYZ e c'era "questa pianista giapponese bravissima, io mentre applaudivo urlavo YA-MA-MO-TO!, uno del teatro è venuto a dirmi di fare piano ma io ho urlato lo stesso."
Mi sorge un dubbio.
Torno nelle retrovie e guardo la nostra pianista giapponese, che NON si chiama Yamamoto ma tanto, evidentemente, i cognomi giapponesi sono tutti uguali, perché la vedo con gli occhi sbarrati aggrappata al braccio del marito, che geme "oddio, è quello dell'altra volta! oddio, urlerà anche oggi, fai qualcosa!".
La serata si prospetta interessante.
3) L'INCONTINENZA, MALATTIA SOCIALE DEL CORISTA MEDIO
Da Cignocittà a RCS sono due ore di pullmann, si parte alle quattro e si arriva alle sei. Dando per scontato che, non essendo il nostro un coro di voci bianche, tutti si siano presi la briga di bere un caffè e fare pipì PRIMA di partire.
Dopo un'ora di pullmann:
"Mamika"
"eh?"
"Non ci fermiamo per un caffè?"
"No."
Dopo un'ora e dieci minuti di pullmann:
"Mamika"
"Eh?"
"Non ci fermiamo per la pipì?"
"No."
Dopo un'ora e mezza di pullmann:
"Mamika"
"Eh?"
"Non ci fermiamo per un caffè e la pipì?"
"No."
Dopo un'ora e cinquanta minuti di pullmann:
"Mamika"
"Eh?"
"Non ci..."
"Siamo arrivati."
4) LA SINDROME DI AMUNDSEN
"Mamika, ma dove c***o abbiamo parcheggiato?"
"Sotto l'Antico Arco d'Ingresso alla Ridente Cittadina di RCS, borgo bandiera gialla d'Euro..."
"Ma c***o, è lontanissimo, io sono stanco, non ce la faccio!"
"Corista R&V, sei stato seduto in pullmann due ore, sono solo dieci metri in più rispetto a dove parcheggiamo di solito, appena oltre l'arco."
"Non è vero, c***o, è lontanissimo."
"Ma no, vedi? lì c'è il chiostro e lì dietro il parcheggio, guarda, siamo arriv..."
"Lontanissimo, c***o. Sono sfinito."
"... ati."
"C***o."
5) DI PIANISTI, E DI SALUMI
Il Pianista Poliglotta si sta sistemando a uno dei due bellissimi pianoforti a coda. Nota lo strano involto oblungo che sventolo tutta trionfante.
"L'hai comprato.
"Eh... sì."
"Come hai fatto!"
"C'è la macelleria aperta."
"Lo voglio anch'io."
"Esco e te lo compro, tanto in questa bolgia di ottanta coristi chi vuoi che si accorga che manca un contralto."
"Naaah, dovrei uscire io, devo anche ricaricare il cellulare... ma non posso, Ad sta salendo sulla pedana."
"Dammi il numero di cellulare, ti faccio la ricarica e ti compro..."
"Ok, asp, ti do' i soldi..."
"Vado."
Dopo un quarto d'ora, un contralto rientra alla chetichella con due ciaùscoli sotto il braccio e s'infila nel mucchio mentre il coro canta "Ecce gratum".
6) DIRIGERE COI MIGNOLI
Dopo essere stata assalita da un vergognoso attacco di risarella al momento di metterci in fila - "tu sei davanti o dietro? sopra o sotto? ma sopra, la fila due o la tre? sei davanti ma io entro prima perché l'ingresso è da sinistra. Mamika, cosa fai accasciata su una sedia? che c***o ridi?" - entro e cerco di fare del mio meglio soprattutto nei brani pianissimo - tipo Veris laeta facies - dove l'unica cosa che mi salva dall'ansia di vedere il direttore che ci guarda con la voglia di far fuori la metà di noi per abbassare il volume è pensare che sto cantando una ninnananna per Guanciabella.
Funziona.
Funziona così bene che a un certo punto Ad ha diretto solo con i mignoli, le mani quasi immobili e non ci guardava nemmeno, osservava tutto intento la musica che veniva fuori da un punto dietro le nostre teste, un poco in alto.
Questo in genere è un indizio che le cose si mettono bene.
7) IL SIGNORE E' IL MIO PASTORE, AD ACQUE TRANQUILLE MI CONDUCE
"Dove c***o è finita metà coro?"
"A cercare l'acqua, Mamika."
"L'acqua dove? E chi c***o sono quelli che se ne sono andati? Il pullmann sta partendo. Dove c***o è Ad?"
"Indietro per i saluti. E gli altri a bere fuori porta. Hanno chiesto se li passiamo a prendere col pullmann."
"Hanno chie..."
"Col pullmann."
"Senti. Tu sali e andate a raccattare quelli, chiunque siano. Io sto qui in mezzo alla strada e quando arriva Ad lo intercetto e veniamo lì al bar."
"Ma... Lui non può camminare, Lui è stanco."
"E' stan... eh? Di cosa stiamo parlando? quello domani sicuramente ha un appuntamento alle cinque del mattino per scalare il Sasso Simone e Simoncello. Probabilmente ha già le pedule nel sacco della divisa."
Finisce con me che incrocio Ad che si arrabbia con me perché lui ha fatto tardi per via dei saluti, con due fermate in due bar per trovare sei bottiglie d'acqua, e nessun appello, perché ero così stanca che ho deciso che chi si era perso si meritava di finire la nottata nell'ostello di RCS con una enorme gruppo di ragazzini urlanti.
8) POSTFAZIONE EASY RIDER
"Mamika? Disturbo? Perché hai questa voce strana tipo Humprey Bogart negli ultimi mesi di vita?"
"Perché ho cantato Carmina Burana con te a RCS solo poche ore fa, El Mallizioso. Perché la domenica è l'unico giorno in cui non lavoro. Perché stavo dormendo saporitamente e sognando di cantare il rondò della Cenerentola alla Carnegie H..."
"Ho perso le chiavi del motorino."
"..."
"Stanotte alle due, quando siamo arrivati al campus, mi sono accorto che non avevo più le chiavi del motorino."
"..."
"Puoi darmi il numero di qualcuno di RCS? Così li chiamo e chiedo se le hanno trovate."
"Ti do il numero di telefono della Vestale, lei ha tutti i contatti. Ce l'ho sul cellulare."
"Ah... aspetto."
"NO. Ce l'ho sul cellulare, io e te stiamo parlando al cellulare..."
"Oh! E allora come facciamo?"
"Facciamo che chiudi, poi io ti mando un SMS col numero di cell della Vestale."
"Ah."
"Ciao."
Oh, Maria.
1) ANTEFATTO
Sabato, dopo una mattinata infernale al lavoro, mi viene la malsana idea di farmi una doccia prima di andare a prendere il pullmann per RCS, la Ridente Cittadina sui Sibillini dove dobbiamo andare a cantare i Carmina Burana.
Naturalmente nell'esatto momento in cui decido di fare la doccia a tutti e tre gli uomini di casa scappa di andare al bagno, e noi abbiamo un bagno solo.
Poi, quello piccolo perde gli occhiali.
Poi, quello di mezzo non trova i calzoncini.
Poi escono tutti e tre di casa.
Poi tornano indietro, perché quello grande non trova la lista della spesa, che - grazie a un intervento di Santa Cecilia, plausibilmente - ritrovo appallottolato nel cestino del bagno.
E' ora di partire.
Arrivo nel parcheggio infuocato del campus scolastico, salgo sul pullmann, occupo con la mia borsa il quarto posto a sinistra lato non guidatore per il lievemente abitudinario M.o Ad e tiro fuori elenco dei coristi e penna. Man mano che mi sfilano davanti e vanno a sedersi faccio la spunta. All'ora della partenza ne mancano ancora due, sono due contralti e siccome noi contralti siamo una marea ho la tentazione di lasciarle a Cignocittà e partire.
Ma poi arrivano.
2) UCCIDETE YAMAMOTO
Mentre spiego la strada all'autista del pullmann (sì, lo so. Ma noi prendiamo il pullmann meno costoso, quindi non abbiamo posto per stendere le gambe, ogni tanto qualche pezzo del rivestimento interno si stacca e a volte l'autista sbaglia strada), lui mi racconta di quella volta che ha accompagnato il coro XYZ e c'era "questa pianista giapponese bravissima, io mentre applaudivo urlavo YA-MA-MO-TO!, uno del teatro è venuto a dirmi di fare piano ma io ho urlato lo stesso."
Mi sorge un dubbio.
Torno nelle retrovie e guardo la nostra pianista giapponese, che NON si chiama Yamamoto ma tanto, evidentemente, i cognomi giapponesi sono tutti uguali, perché la vedo con gli occhi sbarrati aggrappata al braccio del marito, che geme "oddio, è quello dell'altra volta! oddio, urlerà anche oggi, fai qualcosa!".
La serata si prospetta interessante.
3) L'INCONTINENZA, MALATTIA SOCIALE DEL CORISTA MEDIO
Da Cignocittà a RCS sono due ore di pullmann, si parte alle quattro e si arriva alle sei. Dando per scontato che, non essendo il nostro un coro di voci bianche, tutti si siano presi la briga di bere un caffè e fare pipì PRIMA di partire.
Dopo un'ora di pullmann:
"Mamika"
"eh?"
"Non ci fermiamo per un caffè?"
"No."
Dopo un'ora e dieci minuti di pullmann:
"Mamika"
"Eh?"
"Non ci fermiamo per la pipì?"
"No."
Dopo un'ora e mezza di pullmann:
"Mamika"
"Eh?"
"Non ci fermiamo per un caffè e la pipì?"
"No."
Dopo un'ora e cinquanta minuti di pullmann:
"Mamika"
"Eh?"
"Non ci..."
"Siamo arrivati."
4) LA SINDROME DI AMUNDSEN
"Mamika, ma dove c***o abbiamo parcheggiato?"
"Sotto l'Antico Arco d'Ingresso alla Ridente Cittadina di RCS, borgo bandiera gialla d'Euro..."
"Ma c***o, è lontanissimo, io sono stanco, non ce la faccio!"
"Corista R&V, sei stato seduto in pullmann due ore, sono solo dieci metri in più rispetto a dove parcheggiamo di solito, appena oltre l'arco."
"Non è vero, c***o, è lontanissimo."
"Ma no, vedi? lì c'è il chiostro e lì dietro il parcheggio, guarda, siamo arriv..."
"Lontanissimo, c***o. Sono sfinito."
"... ati."
"C***o."
5) DI PIANISTI, E DI SALUMI
Il Pianista Poliglotta si sta sistemando a uno dei due bellissimi pianoforti a coda. Nota lo strano involto oblungo che sventolo tutta trionfante.
"L'hai comprato.
"Eh... sì."
"Come hai fatto!"
"C'è la macelleria aperta."
"Lo voglio anch'io."
"Esco e te lo compro, tanto in questa bolgia di ottanta coristi chi vuoi che si accorga che manca un contralto."
"Naaah, dovrei uscire io, devo anche ricaricare il cellulare... ma non posso, Ad sta salendo sulla pedana."
"Dammi il numero di cellulare, ti faccio la ricarica e ti compro..."
"Ok, asp, ti do' i soldi..."
"Vado."
Dopo un quarto d'ora, un contralto rientra alla chetichella con due ciaùscoli sotto il braccio e s'infila nel mucchio mentre il coro canta "Ecce gratum".
6) DIRIGERE COI MIGNOLI
Dopo essere stata assalita da un vergognoso attacco di risarella al momento di metterci in fila - "tu sei davanti o dietro? sopra o sotto? ma sopra, la fila due o la tre? sei davanti ma io entro prima perché l'ingresso è da sinistra. Mamika, cosa fai accasciata su una sedia? che c***o ridi?" - entro e cerco di fare del mio meglio soprattutto nei brani pianissimo - tipo Veris laeta facies - dove l'unica cosa che mi salva dall'ansia di vedere il direttore che ci guarda con la voglia di far fuori la metà di noi per abbassare il volume è pensare che sto cantando una ninnananna per Guanciabella.
Funziona.
Funziona così bene che a un certo punto Ad ha diretto solo con i mignoli, le mani quasi immobili e non ci guardava nemmeno, osservava tutto intento la musica che veniva fuori da un punto dietro le nostre teste, un poco in alto.
Questo in genere è un indizio che le cose si mettono bene.
7) IL SIGNORE E' IL MIO PASTORE, AD ACQUE TRANQUILLE MI CONDUCE
"Dove c***o è finita metà coro?"
"A cercare l'acqua, Mamika."
"L'acqua dove? E chi c***o sono quelli che se ne sono andati? Il pullmann sta partendo. Dove c***o è Ad?"
"Indietro per i saluti. E gli altri a bere fuori porta. Hanno chiesto se li passiamo a prendere col pullmann."
"Hanno chie..."
"Col pullmann."
"Senti. Tu sali e andate a raccattare quelli, chiunque siano. Io sto qui in mezzo alla strada e quando arriva Ad lo intercetto e veniamo lì al bar."
"Ma... Lui non può camminare, Lui è stanco."
"E' stan... eh? Di cosa stiamo parlando? quello domani sicuramente ha un appuntamento alle cinque del mattino per scalare il Sasso Simone e Simoncello. Probabilmente ha già le pedule nel sacco della divisa."
Finisce con me che incrocio Ad che si arrabbia con me perché lui ha fatto tardi per via dei saluti, con due fermate in due bar per trovare sei bottiglie d'acqua, e nessun appello, perché ero così stanca che ho deciso che chi si era perso si meritava di finire la nottata nell'ostello di RCS con una enorme gruppo di ragazzini urlanti.
8) POSTFAZIONE EASY RIDER
"Mamika? Disturbo? Perché hai questa voce strana tipo Humprey Bogart negli ultimi mesi di vita?"
"Perché ho cantato Carmina Burana con te a RCS solo poche ore fa, El Mallizioso. Perché la domenica è l'unico giorno in cui non lavoro. Perché stavo dormendo saporitamente e sognando di cantare il rondò della Cenerentola alla Carnegie H..."
"Ho perso le chiavi del motorino."
"..."
"Stanotte alle due, quando siamo arrivati al campus, mi sono accorto che non avevo più le chiavi del motorino."
"..."
"Puoi darmi il numero di qualcuno di RCS? Così li chiamo e chiedo se le hanno trovate."
"Ti do il numero di telefono della Vestale, lei ha tutti i contatti. Ce l'ho sul cellulare."
"Ah... aspetto."
"NO. Ce l'ho sul cellulare, io e te stiamo parlando al cellulare..."
"Oh! E allora come facciamo?"
"Facciamo che chiudi, poi io ti mando un SMS col numero di cell della Vestale."
"Ah."
"Ciao."
Oh, Maria.
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domenica 1 luglio 2012
direttore multitasking.
- c'è zio michibus sul giornale.
- quale? l'opera? variety? la gazzetta di bologna?
- no, la gazzetta dello sport.
- la gazzetta dello... cosa?
- l'hanno intervistato sulla nazionale di calcio.
- eh?
- lui, baremboim e harding.
- EH? baremboim, harding... e zio michibus?
- senti qui: "daniel harding, raggiunto durante una tournée in giappone..."
- già, e zio michibus? raggiunto mentre si beve un mojito sulla spiaggia di cignocittà?
- no, guarda, è là.
- là dove?
- in acqua, sta facendo fare volavola a guanciabella.
- lo vado a prendere. hai visto mai, gli venisse il mal di musica.
perché a me un po' di strizza è venuta. zio michibus a otto anni rubava le bacchette ai direttori dai camerini e poi ci dirigeva le opere mettendo su i dischi nella soffitta di casa. il vicemaestro del coro vlad all'età di guanciabella sistemava i barattoli in ordine, li intonava e li suonava. l'altro giorno in paninoteca non trovavo guanciabella: si era imboscato sotto il tavolo e suonava la base di metallo con lo stecco del ghiacciolo, dicendo al fratello "io suono la base tu il gambo, sul ritmo ci mettiamo d'accordo". insomma, io un po' di paura ce l'ho, che quello piccolo mi venga fuori che ha a che fare con la musica.
- quale? l'opera? variety? la gazzetta di bologna?
- no, la gazzetta dello sport.
- la gazzetta dello... cosa?
- l'hanno intervistato sulla nazionale di calcio.
- eh?
- lui, baremboim e harding.
- EH? baremboim, harding... e zio michibus?
- senti qui: "daniel harding, raggiunto durante una tournée in giappone..."
- già, e zio michibus? raggiunto mentre si beve un mojito sulla spiaggia di cignocittà?
- no, guarda, è là.
- là dove?
- in acqua, sta facendo fare volavola a guanciabella.
- lo vado a prendere. hai visto mai, gli venisse il mal di musica.
perché a me un po' di strizza è venuta. zio michibus a otto anni rubava le bacchette ai direttori dai camerini e poi ci dirigeva le opere mettendo su i dischi nella soffitta di casa. il vicemaestro del coro vlad all'età di guanciabella sistemava i barattoli in ordine, li intonava e li suonava. l'altro giorno in paninoteca non trovavo guanciabella: si era imboscato sotto il tavolo e suonava la base di metallo con lo stecco del ghiacciolo, dicendo al fratello "io suono la base tu il gambo, sul ritmo ci mettiamo d'accordo". insomma, io un po' di paura ce l'ho, che quello piccolo mi venga fuori che ha a che fare con la musica.
vecchi amici.
si sono ritrovati tutti stasera in un piccolo parco per ricordare un amico che se n'è andato un anno fa.
nel primo gruppo c'era il mio farmacista alla chitarra elettrica, in canottiera, che suonava smoke on the water così bene che i miei figli sono saltati in piedi e si sono messi a ballare. non so se avrò più il coraggio di chiedergli del paracetamolo.
poi ha cantato un ragazzino, il figlio del batterista-cantante-presentatore storico, che ha una voce meravigliosa e balla pure benissimo. insomma, qualcosa di questi ragazzi a qualcuno è passato.
poi ha suonato la chitarra il marito della ragazza che quando ero piccola mi dava ripetizioni di arpa. ha suonato e cantato una ballata irlandese e una scozzese, e ha raccontato di quando nel 1974 erano venuti a suonare i traffic nella nostra città e alcuni dei ragazzi che oggi suonavano nel cortile avevano fatto una jam session con steve winwood, e al concerto avevano suonato john barleycorn, e poi l'ha suonata lui con la sua bellissima voce di basso e con l'amica g., dalla lunga treccia nera, che gli faceva il controcanto alto.
poi è arrivato uno in frac che ha detto se per favore potevano interrompere per mezz'ora, perché il piccolo parco confina con l'auditorium del conservatorio dove si stava suonando mozart.
poi sono saliti sul palco tre ragazzi con la chitarra. uno di questi, classe 1956, era alto e magro con una camicia azzurra e le mani sottili e si muoveva lento, come un fenicottero nel sole. quando è salito sul palco e ha salutato il pubblico, mio figlio piccolo ha detto "ma quello è lo zio p., quello che viene a pranzo dalla nonna terri!". lo zio p. si è seduto e ha cominciato a suonare e cantare una canzone dei beatles che da quando sono nata gli ho sentito suonare almeno un miliardo di volte. l'hanno cantata stonata, l'hanno cantata strascicata, l'hanno cantata benissimo, divertendosi e scambiandosi le stesse occhiate che si scambiano da oltre trent'anni, emozionandosi nello stesso modo idiota di quando erano giovani.
chissà se il direttore del conservatorio, che giustamente si sarà risentito del fatto che sia stato organizzato un concerto rock a un metro dall'auditorium la sera dei saggi, avrà riconosciuto le voci di quei ragazzi con cui qualche volta ha suonato anche lui, molti, molti anni fa.
chissà se carlo da dov'è adesso li ha ascoltati.
c'erano i figli che facevano le foto, le mogli che rassettavano le camicie, gli amici storici in prima fila ad applaudire. c'erano un sacco di stelle e la giusta quantità di birra, c'era un generatore che ruggiva mentre nel buio ci siedevamo tra gli oleandri e c'era come sempre lei, l'amata, la musica, che si concede serafica e gentile a chi la corteggia con pazienza in smocking dentro un auditorium e a chi le fischia dietro, con ammirazione, facendo strillare una chitarra.
nel primo gruppo c'era il mio farmacista alla chitarra elettrica, in canottiera, che suonava smoke on the water così bene che i miei figli sono saltati in piedi e si sono messi a ballare. non so se avrò più il coraggio di chiedergli del paracetamolo.
poi ha cantato un ragazzino, il figlio del batterista-cantante-presentatore storico, che ha una voce meravigliosa e balla pure benissimo. insomma, qualcosa di questi ragazzi a qualcuno è passato.
poi ha suonato la chitarra il marito della ragazza che quando ero piccola mi dava ripetizioni di arpa. ha suonato e cantato una ballata irlandese e una scozzese, e ha raccontato di quando nel 1974 erano venuti a suonare i traffic nella nostra città e alcuni dei ragazzi che oggi suonavano nel cortile avevano fatto una jam session con steve winwood, e al concerto avevano suonato john barleycorn, e poi l'ha suonata lui con la sua bellissima voce di basso e con l'amica g., dalla lunga treccia nera, che gli faceva il controcanto alto.
poi è arrivato uno in frac che ha detto se per favore potevano interrompere per mezz'ora, perché il piccolo parco confina con l'auditorium del conservatorio dove si stava suonando mozart.
poi sono saliti sul palco tre ragazzi con la chitarra. uno di questi, classe 1956, era alto e magro con una camicia azzurra e le mani sottili e si muoveva lento, come un fenicottero nel sole. quando è salito sul palco e ha salutato il pubblico, mio figlio piccolo ha detto "ma quello è lo zio p., quello che viene a pranzo dalla nonna terri!". lo zio p. si è seduto e ha cominciato a suonare e cantare una canzone dei beatles che da quando sono nata gli ho sentito suonare almeno un miliardo di volte. l'hanno cantata stonata, l'hanno cantata strascicata, l'hanno cantata benissimo, divertendosi e scambiandosi le stesse occhiate che si scambiano da oltre trent'anni, emozionandosi nello stesso modo idiota di quando erano giovani.
chissà se il direttore del conservatorio, che giustamente si sarà risentito del fatto che sia stato organizzato un concerto rock a un metro dall'auditorium la sera dei saggi, avrà riconosciuto le voci di quei ragazzi con cui qualche volta ha suonato anche lui, molti, molti anni fa.
chissà se carlo da dov'è adesso li ha ascoltati.
c'erano i figli che facevano le foto, le mogli che rassettavano le camicie, gli amici storici in prima fila ad applaudire. c'erano un sacco di stelle e la giusta quantità di birra, c'era un generatore che ruggiva mentre nel buio ci siedevamo tra gli oleandri e c'era come sempre lei, l'amata, la musica, che si concede serafica e gentile a chi la corteggia con pazienza in smocking dentro un auditorium e a chi le fischia dietro, con ammirazione, facendo strillare una chitarra.
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mercoledì 27 giugno 2012
dovrei.
dovrei rassegnarmi al fatto che sono una vecchia signora.
dovrei smetterla di infestare il coro e farmi minimo un anno di silenzio.
dovrei diventare una buona madre.
dovrei smetterla di chiacchierare.
dovrei smetterla di scrivere.
dovrei smetterla di dare consigli.
dovrei smetterla di dare fastidio.
e di sognare.
dovrei smetterla soprattutto con la musica.
la musica.
quella.
dovrei.
dovrei smetterla di infestare il coro e farmi minimo un anno di silenzio.
dovrei diventare una buona madre.
dovrei smetterla di chiacchierare.
dovrei smetterla di scrivere.
dovrei smetterla di dare consigli.
dovrei smetterla di dare fastidio.
e di sognare.
dovrei smetterla soprattutto con la musica.
la musica.
quella.
dovrei.
lunedì 4 giugno 2012
il soldatino sul carso.
"dulce et decorum est pro patria mori"
questa mattina inizia pessima con i postumi del concerto, occhiali spessi, pioggia battente. cos'è che mi ha lasciato il capo sulla scrivania? "ministero della difesa - comitato per le onoranze ai caduti - si prega di fornire la localizzazione della tomba e copia integrale dell'atto di morte del soldato giovanni pezzichini deceduto in guerra il dieci di luglio dell'anno millenovecentoquindici...". ecco, c'è già passato il mostro_dell'archivio, e ci ha segnato sopra "NON TROVATO" e se non l'ha trovato lui... anche ai cimiteri non hanno trovato niente... comunque lo metto qui magari in un momento di calma ci butto un'occh
- ciao. ho un morto in parte prima con trasporto fuori comune. ti dispiace? mi parte alle nove.
- ok.
mi sento come se mi fosse passato sopra un camion, ho anche un po' di mal di gola, chissà se è stato brahms ieri sera o la pioggia stamattina o il vento ieri l'altro, mi verrà l'asma la bronchite la tisi, ma che hanno quelli delle pompe funebri? non si possono fare due giorni di festa di fila che s'ingolfano tutti qui a fare casin
- mi fai il permesso di seppellimento? e dieci certificati? e due estratti?
- ok.
che poi devo capire perché questa cosa della malinconia preventiva mi uccide, che la balle dice che è come dice vasco "ho fatto un patto sai con le mie emozioni le lascio vivere e loro non mi fanno fuori", ma io non sono mica tanto convinta, sarà quella screziatura malinconica di cui parla la gilessa o sarà che a quarant'anni sono rimasta la bambina viziata che er
- vorrei la copia integrale del mio atto di matrimonio, uso divorzio.
- ok.
che le cose mi mancano mentre ce le ho e mi sento inadeguata al mondo eccheppalle. ieri sera però è stato davvero bellissimo con la chiesa quasi piena piena e il maestro era così emozionato che ha sbagliato un attacco per la prima volta in vent'anni e la prof con la giacca verde che presentava le sezioni del deutsches requiem e noi tutti con una strizza che ci portava via e
- mamika, sai quello straniero che la moglie ci aveva chiesto di autorizzare l'espatrio della salma nel suo paese? beh, dal consolato è venuto fuori che al suo paese è sposato con un'altra. ho dovuto annullare il permesso di espatrio.
- ah... ok.
avevo un vestito bellissimo anche se vecchio come il cucco e anche se sembravo una lampadina dopo aver preso il sole due giorni in spiaggia all'ora di pranzo, però se rinasco voglio rinascere figa per provare una volta la sensazione di
- dovrei dichiarare la nascita di mio figlio.
- ok.
bene. adesso l'ultima mezz'ora a sportello chiuso andiamo a vedere un po' di questo soldatino. certo che mi scoccia rifare il lavoro di un collega, se non l'ha trovato lui che vive dentro l'archivio da trent'anni... ecco, infatti nei decennali dei decessi non c'è. neanche nelle delegazioni. dunque però, se è morto nel '15 dev'esserci arrivata la dichiarazione dal fronte e dovremmo averlo registrato in parte II C, quasi sicuramente non nel '15 ma dopo. andiamo a vedere nei registri. 1915... no, cominciamo dal '16. ecco, non c'è. proviamo il '17... niente... il '18... aspetta aspetta, però dalle nostre parti 'pezzichini' non è una forma consueta, la forma consueta è 'pizzichini'... oddio, eccolo qui... pizzichini giovanni... asp, fammi leggere "oggi quindici di marzo dell'anno millenovecentodiciotto io sottoscritto tizio caio ufficiale dello stato civile del comune di cignolandia avendo ricevuto in data... un avviso di morte... trascrivo quanto segue: addì dieci luglio dell'anno millenovecentoquindici... il fante pizzichini giovanni di anni ventitrè, morto sul carso ed ivi sepolto..." mioddio, l'ho trov
- capo! capooooooooooooooooooooooo!!!!!!!!
- eh? che c'è?
- l'ho trovato! ho trovato il soldatino! il soldatino sul carso!
- ma và? e adesso chi lo dice al mostro_dell'archivio? io no sicuro.
- guarda, ho trovato anche l'atto di nascita, del milleottocentonovantadue, vedi? nel corpo dell'atto c'è scritto "pizzichini giovanni", ma guarda un po' come si firmava il padre...
- pezzichini.
- già, pizzichini, pezzichini. ecco perché non lo trovavamo.
- però tu l'hai trovato.
- già. era sul carso. con mio nonno secondo che però non era fante, era alpino. mio nonno è tornato a casa, lui no. senti, ti lascio tutto di là in archivio.
- ok.
- ok.
venerdì 1 giugno 2012
EMP 2012 on the rocks.
"sono agitatissima"
"non ce la faremo mai"
"di cosa stai parlando?"
"hai una caramella alla propoli? anzi, quattro o cinque"
"c***o, ho sbagliato 'sto passaggio. in fondo lo faccio solo da dieci anni, che vuoi che sia. c***o!"
"sono agitatissima"
"a me non me ne frega niente"
"tu fai finta, st****o, in realtà te la fai sotto alla grande come tutti noi"
"hai visto? ho ritardato un attacco di otto millisecondi e mi ha ringhiato. mi ha ringhiato!"
"questo invece s'è scordato di darlo lui. è un essere umano, finalmente"
"mi passi la matita?"
"mi passi la gomma?"
"hai della colla da sniffare?"
Johannes Brahms non pensava che un giorno avrebbe seminato un tale casino in un mucchio selvaggio di cinquanta coristi. Neanche Fauré, Orff, Puccini e Bacalov.
Stiamo per cominciare, e siamo parecchio, parecchio, parecchio su di giri.
"non ce la faremo mai"
"di cosa stai parlando?"
"hai una caramella alla propoli? anzi, quattro o cinque"
"c***o, ho sbagliato 'sto passaggio. in fondo lo faccio solo da dieci anni, che vuoi che sia. c***o!"
"sono agitatissima"
"a me non me ne frega niente"
"tu fai finta, st****o, in realtà te la fai sotto alla grande come tutti noi"
"hai visto? ho ritardato un attacco di otto millisecondi e mi ha ringhiato. mi ha ringhiato!"
"questo invece s'è scordato di darlo lui. è un essere umano, finalmente"
"mi passi la matita?"
"mi passi la gomma?"
"hai della colla da sniffare?"
Johannes Brahms non pensava che un giorno avrebbe seminato un tale casino in un mucchio selvaggio di cinquanta coristi. Neanche Fauré, Orff, Puccini e Bacalov.
Stiamo per cominciare, e siamo parecchio, parecchio, parecchio su di giri.
giovedì 31 maggio 2012
love is in the air.
- mamma, oggi ho fatto colpo sull'aya.
- aya? la tua compagna di classe dai tempi della materna? quella aya che è un genio a scuola? quella che sembra una principessa disney, coi capelli neri lunghi fino ai polpacci e gli occhi di carbone con le ciglia da farfalla?
- esatto.
- ma come diamine hai fatto a fare colpo su di lei?
- ah, io non ho fatto niente.
- allora come fai a sapere che hai fatto colpo? te l'ha detto?
- no, non me l'ha detto. cioè, non l'ha detto a me: l'ha detto a tutta la classe.
- COSA? ma che ha detto?
- ha detto "ti amo, rodolfovalentino".
- ha detto "ti amo, rodolfovalentino" davanti a ventuno bambini e bambine di otto anni?
- sì. ma metà classe non stava a sentire.
- la metà maschile, immagino.
- esatto. e la metà femminile ha sentito, ma non ha commentato.
- commentato? perché avrebbero dovuto commentare?
- beh, ad esempio si poteva mettere la cosa ai voti.
- aya? la tua compagna di classe dai tempi della materna? quella aya che è un genio a scuola? quella che sembra una principessa disney, coi capelli neri lunghi fino ai polpacci e gli occhi di carbone con le ciglia da farfalla?
- esatto.
- ma come diamine hai fatto a fare colpo su di lei?
- ah, io non ho fatto niente.
- allora come fai a sapere che hai fatto colpo? te l'ha detto?
- no, non me l'ha detto. cioè, non l'ha detto a me: l'ha detto a tutta la classe.
- COSA? ma che ha detto?
- ha detto "ti amo, rodolfovalentino".
- ha detto "ti amo, rodolfovalentino" davanti a ventuno bambini e bambine di otto anni?
- sì. ma metà classe non stava a sentire.
- la metà maschile, immagino.
- esatto. e la metà femminile ha sentito, ma non ha commentato.
- commentato? perché avrebbero dovuto commentare?
- beh, ad esempio si poteva mettere la cosa ai voti.
lunedì 28 maggio 2012
oi dialogoi.
Dialogo n.o 1:
Il prete di *BellaCittadinainprovinciadiArezzo* - vs - chiesa stracolma (4 cori, assemblea dei fedeli, classi di catechismo, chierichetti e chierichette, tre organisti)
- comincerò raccontando di quando cantavo nella corale XYZ. Correvano gli anni '60...
Dialogo n.o 2:
Mamikazen - vs - l'ottenne RodolfoValentino
- amore, calmati
- mettiti un po' tranquillo sul sedile del pullman
- non urlare nelle orecchie di Lisadagliocchiblù
- guarda che non ti porto più in trasferta col coro
- se non ti siedi immediatamente m'in****o come una bestia
Dialogo n.o 3:
Il Guidatore del Pullman - vs - Mamikazen
- signora, lei è proprio bella. No, scusi se glielo dico, sa. Però con quegli orecchini... e il resto... quando ha messo quel vestito con lo spacco, per cantare... io (OMISSIS), perché all'uomo piace questa cosa che si vede un po' la gamba e non si vede, in fondo le donne quando sono praticamente nude in spiaggia non le guarda nessuno, invece quello spacco lì... e tutto il resto... ecco, stasera la porterei a mangiare il pesce, che ne dice? andiamo nel *RistoranteSottoAlbergo* dove veramente oggi non dovrei entrare, perché la domenica sera c'è una che... insomma, ce l'ha un po' su e mi tira i piatti... però se entro con lei non mi tira i piatti perché pensa "cavoli, mi ha sostituita con una che valeva proprio la pena". Che ne dice? ci viene a mangiare il pesce?
- certo, signora. Ecco qui.
- prego.
Dialogo n.o 4:
Direttore Ad (al microfono) - vs - Mamikazen (da fondo pullman)
- allora, solo due parole al microfono per dirvi che oggi siete stati davvero bravi, sono molto contento. Il concerto è andato benissimo, tutto bene, a parte forse il brano nuovo con la parte dei contralti che va un po' messa a punto...
- non sto dicendo che i contralti abbiano cantato male, anzi, solo che rispetto al resto, che è più rodato...
- ... dicevo, rispetto a tutto il resto, che facciamo già da tempo, il pezzo dei contralti...
- ... va provato ancora un po' di più...
- FALSO E TENDENZIOSO!
- ... finché non sarà all'ottimo livello di tutto il resto. Grazie e buonanotte a tutti.
Il prete di *BellaCittadinainprovinciadiArezzo* - vs - chiesa stracolma (4 cori, assemblea dei fedeli, classi di catechismo, chierichetti e chierichette, tre organisti)
- comincerò raccontando di quando cantavo nella corale XYZ. Correvano gli anni '60...
- ...
- ... l'attuale crisi del Vaticano...
- ...
- ... i giovani non sono il futuro, sono il presente...
- ...
- ... ed ora vi parlerò della pace nel mondo...Dialogo n.o 2:
Mamikazen - vs - l'ottenne RodolfoValentino
- amore, calmati
- YEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE.........
- JOGULUGULUPILLOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!
- non urlare nelle orecchie di Lisadagliocchiblù
- HUAAAAAAAAAAAAAAHHH!!!!!!!!!!!
- guarda che non ti porto più in trasferta col coro
- REORRRRRRRRRRRGGGRRRRRRAAAAAAAAAAH
- se non ti siedi immediatamente m'in****o come una bestia
-WEEEEEEEEEEEEEEEE
(ad lib.)Dialogo n.o 3:
Il Guidatore del Pullman - vs - Mamikazen
- signora, lei è proprio bella. No, scusi se glielo dico, sa. Però con quegli orecchini... e il resto... quando ha messo quel vestito con lo spacco, per cantare... io (OMISSIS), perché all'uomo piace questa cosa che si vede un po' la gamba e non si vede, in fondo le donne quando sono praticamente nude in spiaggia non le guarda nessuno, invece quello spacco lì... e tutto il resto... ecco, stasera la porterei a mangiare il pesce, che ne dice? andiamo nel *RistoranteSottoAlbergo* dove veramente oggi non dovrei entrare, perché la domenica sera c'è una che... insomma, ce l'ha un po' su e mi tira i piatti... però se entro con lei non mi tira i piatti perché pensa "cavoli, mi ha sostituita con una che valeva proprio la pena". Che ne dice? ci viene a mangiare il pesce?
- grazie per l'invito, davvero, ma devo andare a casa a mettere a letto mio figlio. Magari un'altra volta. Mi potrebbe accendere il microfono, per favore, che devo fare l'appello?
- certo, signora. Ecco qui.
- grazie.
- prego.
Dialogo n.o 4:
Direttore Ad (al microfono) - vs - Mamikazen (da fondo pullman)
- allora, solo due parole al microfono per dirvi che oggi siete stati davvero bravi, sono molto contento. Il concerto è andato benissimo, tutto bene, a parte forse il brano nuovo con la parte dei contralti che va un po' messa a punto...
- NON E' VERO!
- non sto dicendo che i contralti abbiano cantato male, anzi, solo che rispetto al resto, che è più rodato...
- STAI SBAGLIANDO!
- ... dicevo, rispetto a tutto il resto, che facciamo già da tempo, il pezzo dei contralti...
- FALSO!
- ... va provato ancora un po' di più...
- FALSO E TENDENZIOSO!
- ... finché non sarà all'ottimo livello di tutto il resto. Grazie e buonanotte a tutti.
- ... fermo lì. Dove credi di andare.
(Oh yeah, Mamikazen is back in choir)
giovedì 24 maggio 2012
senti, emiliano.
- signora!
- eh?
- signora, presto, venga qui.
senti, emiliano.
son quasi due settimane che son qui nel tuo territorio. mi hai imbottita di gnocco fritto, pasta all'uovo, carne di maiale conciata in modi che noi marchigiani non possiamo nemmeno lontanamente concepire. mi hai stordita di erre ed elle arrotate, mi hai devastata con la tua ospitalità che non prevede si rifiuti un piatto né un cambio di asciugamani. mi hai disorientata con i tuoi prati pieni d'erba, i tuoi boschi pieni d'alberi, le papere, i cigni, l'airone che fa il bagno e la gazza ladra sull'argine del fiume.
adesso che vuoi da me, emiliano, che sto camminando a bordo campo per raggiungere il mio albergo, che vuoi, emiliano, che vuoi da me
- signora, venga, attraversi adesso che poi passa la cronometro.
- eh?
- la gara di biciclette, signora, non ha visto? attraversi, venga qua.
senti, emiliano.
io non ne posso più.
son quasi due settimane che me ne sto rinchiusa nel tuo bell'albergo mentre per nove ore al giorno dei colleghi - in massima parte, peraltro, emiliani -mi imbottiscono di nozioni di stato civile mentre i miei compagni di sventura da tutt'italia fanno gli esempi più assurdi e sudano assieme a me, in cinquanta nel tuo bel solarium, emiliano. con lo gnocco fritto sullo stomaco, circondati da chilometri e chilometri di prati e alberi e prati e alberi e prati che la sera quando esci a far due passi per ricordarti che al mondo non c'è solo lo stato civile ma pure quello modello base ti giri intorno e ti sembra di stare a central park, tutti che fanno jogging e si stirano i muscoli e corrono in bici e si stirano i muscoli, frotte di gente che corre tutti assieme tutti sudati tutti in calzoncini e maglietta e mica si fermano se uno cammina, no, che gliene frega agli emiliani, ti vengono addosso in gruppo perché loro ci hanno diritto che son più veloci e anche belli magri mentre io, dopo due settimane di stato civile e gnocco fritto, io, caro il mio emiliano, altro che gara a cronometro dovrei fare
- attraversi veloce, signora, che poi arrivano le biciclette.
- ma io non voglio attraversare, vede? il mio albergo è più avanti da questo lato, sulla destra.
- ma signora, lì è tutto bagnato, si sporca.
senti, emiliano.
noi marchigiani, il fango, ce lo abbiamo nel sangue. guarda che l'altro giorno mentre c'era il terremoto io ero al computer a inserire le mail dei coristi nella rubrica di libero e mica son corsa giù nella hall dell'albergo, io, son stata ferma lì e ho continuato a inserire perché la terra trema, ma noi marchigiani no. guarda che dove stiamo noi è montefeltro e nel montefeltro il fango è all'ordine del giorno, che mica ci abbiamo i praterelli belli tosati come le pecore, come qui in emilia, nelle marche la natura è selvatica e pure un po' selvaggia e abbiamo i monti veri, e le rocce, e la macchia mediterranea, emiliano, ci fa un baffo a noi il fango, hai mai provato a correre la mattina sul bagnasciuga storto dell'adriatico, tu? altro che ciclabili larghe e belline. e a proposito, un'umidità come quella di oggi del duecento per cento ce l'abbiamo anche noi, cosa credi, ma almeno ci abbiamo lo sfogo a mare, che prendo vado giù e mi tuffo, e qui dove vado, con lo gnocco fritto sullo stomaco, il fiume che trasuda l'umido e i boschi con gli alberi tutti uguali che ieri la collega toscana e quella campana ci si son perse e ci hanno messo tre ore a tornare
- guardi, lei è molto gentile, ma io continuo qui, grazie.
- è sicura, signora?
- sì, guardi, le prometto che non attraverso.
- ah, allora bene. buonasera.
- buonasera a lei.
- eh?
- signora, presto, venga qui.
senti, emiliano.
son quasi due settimane che son qui nel tuo territorio. mi hai imbottita di gnocco fritto, pasta all'uovo, carne di maiale conciata in modi che noi marchigiani non possiamo nemmeno lontanamente concepire. mi hai stordita di erre ed elle arrotate, mi hai devastata con la tua ospitalità che non prevede si rifiuti un piatto né un cambio di asciugamani. mi hai disorientata con i tuoi prati pieni d'erba, i tuoi boschi pieni d'alberi, le papere, i cigni, l'airone che fa il bagno e la gazza ladra sull'argine del fiume.
adesso che vuoi da me, emiliano, che sto camminando a bordo campo per raggiungere il mio albergo, che vuoi, emiliano, che vuoi da me
- signora, venga, attraversi adesso che poi passa la cronometro.
- eh?
- la gara di biciclette, signora, non ha visto? attraversi, venga qua.
senti, emiliano.
io non ne posso più.
son quasi due settimane che me ne sto rinchiusa nel tuo bell'albergo mentre per nove ore al giorno dei colleghi - in massima parte, peraltro, emiliani -mi imbottiscono di nozioni di stato civile mentre i miei compagni di sventura da tutt'italia fanno gli esempi più assurdi e sudano assieme a me, in cinquanta nel tuo bel solarium, emiliano. con lo gnocco fritto sullo stomaco, circondati da chilometri e chilometri di prati e alberi e prati e alberi e prati che la sera quando esci a far due passi per ricordarti che al mondo non c'è solo lo stato civile ma pure quello modello base ti giri intorno e ti sembra di stare a central park, tutti che fanno jogging e si stirano i muscoli e corrono in bici e si stirano i muscoli, frotte di gente che corre tutti assieme tutti sudati tutti in calzoncini e maglietta e mica si fermano se uno cammina, no, che gliene frega agli emiliani, ti vengono addosso in gruppo perché loro ci hanno diritto che son più veloci e anche belli magri mentre io, dopo due settimane di stato civile e gnocco fritto, io, caro il mio emiliano, altro che gara a cronometro dovrei fare
- attraversi veloce, signora, che poi arrivano le biciclette.
- ma io non voglio attraversare, vede? il mio albergo è più avanti da questo lato, sulla destra.
- ma signora, lì è tutto bagnato, si sporca.
senti, emiliano.
noi marchigiani, il fango, ce lo abbiamo nel sangue. guarda che l'altro giorno mentre c'era il terremoto io ero al computer a inserire le mail dei coristi nella rubrica di libero e mica son corsa giù nella hall dell'albergo, io, son stata ferma lì e ho continuato a inserire perché la terra trema, ma noi marchigiani no. guarda che dove stiamo noi è montefeltro e nel montefeltro il fango è all'ordine del giorno, che mica ci abbiamo i praterelli belli tosati come le pecore, come qui in emilia, nelle marche la natura è selvatica e pure un po' selvaggia e abbiamo i monti veri, e le rocce, e la macchia mediterranea, emiliano, ci fa un baffo a noi il fango, hai mai provato a correre la mattina sul bagnasciuga storto dell'adriatico, tu? altro che ciclabili larghe e belline. e a proposito, un'umidità come quella di oggi del duecento per cento ce l'abbiamo anche noi, cosa credi, ma almeno ci abbiamo lo sfogo a mare, che prendo vado giù e mi tuffo, e qui dove vado, con lo gnocco fritto sullo stomaco, il fiume che trasuda l'umido e i boschi con gli alberi tutti uguali che ieri la collega toscana e quella campana ci si son perse e ci hanno messo tre ore a tornare
- guardi, lei è molto gentile, ma io continuo qui, grazie.
- è sicura, signora?
- sì, guardi, le prometto che non attraverso.
- ah, allora bene. buonasera.
- buonasera a lei.
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martedì 15 maggio 2012
Io confesso.
Confesso che nove ore di lezione sulla DigitPA, i codici HTML, il sistema crittografico delle firme digitali e le circonvoluzioni del sistema INA-SAIA mi hanno messo addosso una gran voglia.
Di Luis Bacalov.
In tutte le sue forme.
Anche le più insospettabili.
Di Luis Bacalov.
In tutte le sue forme.
Anche le più insospettabili.
lunedì 14 maggio 2012
case history.
"io ho una salma di un mio residente all'estero che mi rientra dalla cina. solo la salma. posso formare l'atto di morte?"
"io ho un missionario morto in africa, i suoi confratelli sanno che è morto ma nessuno sa dove. posso cancellarlo per irreperibilità?"
"io ho un residente in malesia che mi ha trasmesso il suo atto di matrimonio da trascrivere ma ancora non mi manda l'atto di morte della madre, che è morta da due anni. Posso costringerlo?"
"io ho un tale, residente da me, che è uscito di casa un mattino e non è più tornato. L'hanno trovato di recente morto in un pozzo in un'altra città. Chi deve formare l'atto di morte?"
"io ho una signora che ha avuto il decreto di cambio di cognome e prenome dal tribunale perché ha cambiato religione e i suoi vecchi correligionari l'hanno condannata a morte."
sei tagliato per l'avventura?
vieni anche tu nel magico mondo dei servizi demografici.
"io ho un missionario morto in africa, i suoi confratelli sanno che è morto ma nessuno sa dove. posso cancellarlo per irreperibilità?"
"io ho un residente in malesia che mi ha trasmesso il suo atto di matrimonio da trascrivere ma ancora non mi manda l'atto di morte della madre, che è morta da due anni. Posso costringerlo?"
"io ho un tale, residente da me, che è uscito di casa un mattino e non è più tornato. L'hanno trovato di recente morto in un pozzo in un'altra città. Chi deve formare l'atto di morte?"
"io ho una signora che ha avuto il decreto di cambio di cognome e prenome dal tribunale perché ha cambiato religione e i suoi vecchi correligionari l'hanno condannata a morte."
sei tagliato per l'avventura?
vieni anche tu nel magico mondo dei servizi demografici.
domenica 13 maggio 2012
Il Paese dei Servizi Demografici Perduti.
Ho fatto una valigia pesantissima piena di cose inutili con cui sul treno stipato all'inverosimile ho tentato di uccidere, nell'ordine, un orchestrale (sezione fiati, gruppo degli ottoni - l'ho capito dal fatto che aveva una spilla di Scatcat sulla custodia dello strumento), una fighetta addormentata nel posto dietro, un africano probabilmente già morto (sono sgattaiolata via, sapete che cavolo di bega è registrare una dichiarazione di morte in treno? beh, io sì) e un bambino.
Alla stazione del Paese dei Servizi Demografici Perduti ho trovato subito una compagna di corso, che però ha litigato subito col tassista.
L'albergo del Paese SDP ricorda vagamente l'ospedale di "Coma profondo" (giusto per non citare sempre i corridoi dell'albergo di Shining, che ormai), gli unici rumori sono quelli dell'acqua del torrente termale e le strambe grida di un uccello della bassa. Intorno, chilometri e chilometri di campagna attraversati da un grande viale dove passa un'auto ogni mezz'ora.
Alla prima pizzeria che ho incontrato camminando da sola lungo il viale vuoto nella campagna deserta non mi hanno dato un tavolo, perché ero da sola.
Per fortuna skype funziona.
E fu sera e fu mattina, primo giorno.
Alla stazione del Paese dei Servizi Demografici Perduti ho trovato subito una compagna di corso, che però ha litigato subito col tassista.
L'albergo del Paese SDP ricorda vagamente l'ospedale di "Coma profondo" (giusto per non citare sempre i corridoi dell'albergo di Shining, che ormai), gli unici rumori sono quelli dell'acqua del torrente termale e le strambe grida di un uccello della bassa. Intorno, chilometri e chilometri di campagna attraversati da un grande viale dove passa un'auto ogni mezz'ora.
Alla prima pizzeria che ho incontrato camminando da sola lungo il viale vuoto nella campagna deserta non mi hanno dato un tavolo, perché ero da sola.
Per fortuna skype funziona.
E fu sera e fu mattina, primo giorno.
venerdì 11 maggio 2012
,fa lui.
"ok, per stasera abbiamo finito", fa lui.
come sarebbe a dire "abbiamo finito"? sono solo le undici di sera. non abbiamo provato la misa tango. non abbiamo ripassato west side story. è presto. perché non fai un'oretta in più assieme ai tenori, così io posso restare in un cantone ad scoltare?
"ci vediamo la settimana prossima," fa lui.
voi vi vedrete la settimana prossima, io no. e neppure quella dopo. due settimane fuori per un corso di abilitazione che tutti i miei colleghi sono lì a dirmi "non ti preoccupare, vedrai, andrai benissimo, non fare quella faccia, lo abbiamo superato tutti", ma io non mi preoccupo del corso, mi preoccupo per tutte le cose per le quali abitualmente si preoccupa una mamma che sta via due settimane, e in più mi struggo per il coro. quattro prove salto, quattro, quando tornerò non mi riconoscerete e io non mi ricorderò più niente. e al mio posto tu, sì, proprio tu, che te ne stai lì bel bello rilassato sulla tua pedana rosso ciliegia che io ho portato a spalla un numero imprecisato di volte, tu al mio posto avrai messo un contralto vero, una bellissima, giovanissima, con la voce scura e il vibrato morbido e i capelli biondi e il diploma di conservatorio e
"mamikazen, allora ci rivediamo tra due settimane?", fa lui.
non dirlo, porca miseria, se non lo dici non me lo ricordo e non mi prende il panico e non mi viene da portarmi via la sedia e
"tra due settimane, allora," fa lui.
"sì."
"bene."
fa lui.
come sarebbe a dire "abbiamo finito"? sono solo le undici di sera. non abbiamo provato la misa tango. non abbiamo ripassato west side story. è presto. perché non fai un'oretta in più assieme ai tenori, così io posso restare in un cantone ad scoltare?
"ci vediamo la settimana prossima," fa lui.
voi vi vedrete la settimana prossima, io no. e neppure quella dopo. due settimane fuori per un corso di abilitazione che tutti i miei colleghi sono lì a dirmi "non ti preoccupare, vedrai, andrai benissimo, non fare quella faccia, lo abbiamo superato tutti", ma io non mi preoccupo del corso, mi preoccupo per tutte le cose per le quali abitualmente si preoccupa una mamma che sta via due settimane, e in più mi struggo per il coro. quattro prove salto, quattro, quando tornerò non mi riconoscerete e io non mi ricorderò più niente. e al mio posto tu, sì, proprio tu, che te ne stai lì bel bello rilassato sulla tua pedana rosso ciliegia che io ho portato a spalla un numero imprecisato di volte, tu al mio posto avrai messo un contralto vero, una bellissima, giovanissima, con la voce scura e il vibrato morbido e i capelli biondi e il diploma di conservatorio e
"mamikazen, allora ci rivediamo tra due settimane?", fa lui.
non dirlo, porca miseria, se non lo dici non me lo ricordo e non mi prende il panico e non mi viene da portarmi via la sedia e
"tra due settimane, allora," fa lui.
"sì."
"bene."
fa lui.
lunedì 7 maggio 2012
Sentire.
Ho cambiato lavoro.
Non devo più rincorrere bambini per laboratori, scarpinare per musei, stare in piedi e agitarmi cercando di sembrare autorevole a una classe di quattordicenni grandi, grossi e pelosi.
Adesso sto a una scrivania.
Non che l'adrenalina sia calata, anzi. Ma è un'adrenalina esclusivamente intellettuale: 'avrò sancito la morte del tizio dell'avviso di decesso, o quella di un ignaro omonimo che si sta facendo un giro al mare?' ' Questo ottantenne moro come il carbone che vuole riconoscere la figlia della nuova compagna ucraina trentenne, sarà davvero il padre di questa frugoletta bionda dalla pelle d'alabastro, o finirò nel mezzo di un'indagine del tribunale dei minori?', e via dicendo.
Il che significa che quest'inverno mi è cresciuta la panza. Due chili che non riesco a mandare via. Ho provato a mangiare meno, eliminare la cocacola, alzarmi presto la mattina e andare a correre. Niente. Se ne stanno piantati lì e mi sbeffeggiano: "hai quarant'anni, non ti libererai più di noi, guarda che braccia da schifo, e tu saresti una ben conservata? ma facci il piacere, comprati un bel saio e bevi pure tutta la birra che vuoi, tanto ormai."
La cosa m'infastidiva alquanto. Fino a questa mattina.
Questa mattina è capitato in ufficio il collega I., uomo più gentile dell'universo, mago dei telefoni e, nel tempo libero, tennista incallito. Quando mi ha visto ha allargato le sue lunghe braccia ed io mi ci sono gettata, novella Tosca col suo Cavaradossi.
"Collega I.! Che bello vederti!"
"Mamikazen!"
Poi però mi ha guardato storto.
"Smettila di dimagrire."
"Dimagrire?! Ma se ho messo su due chili quest'inverno che non riesco a smaltire..."
"Naaaaah, naaah. Una volta eri più polposa, adesso sei troppo snella. A me piace... sentire."
Questa sera mi faccio una birra. Alla salute del collega I.
Non devo più rincorrere bambini per laboratori, scarpinare per musei, stare in piedi e agitarmi cercando di sembrare autorevole a una classe di quattordicenni grandi, grossi e pelosi.
Adesso sto a una scrivania.
Non che l'adrenalina sia calata, anzi. Ma è un'adrenalina esclusivamente intellettuale: 'avrò sancito la morte del tizio dell'avviso di decesso, o quella di un ignaro omonimo che si sta facendo un giro al mare?' ' Questo ottantenne moro come il carbone che vuole riconoscere la figlia della nuova compagna ucraina trentenne, sarà davvero il padre di questa frugoletta bionda dalla pelle d'alabastro, o finirò nel mezzo di un'indagine del tribunale dei minori?', e via dicendo.
Il che significa che quest'inverno mi è cresciuta la panza. Due chili che non riesco a mandare via. Ho provato a mangiare meno, eliminare la cocacola, alzarmi presto la mattina e andare a correre. Niente. Se ne stanno piantati lì e mi sbeffeggiano: "hai quarant'anni, non ti libererai più di noi, guarda che braccia da schifo, e tu saresti una ben conservata? ma facci il piacere, comprati un bel saio e bevi pure tutta la birra che vuoi, tanto ormai."
La cosa m'infastidiva alquanto. Fino a questa mattina.
Questa mattina è capitato in ufficio il collega I., uomo più gentile dell'universo, mago dei telefoni e, nel tempo libero, tennista incallito. Quando mi ha visto ha allargato le sue lunghe braccia ed io mi ci sono gettata, novella Tosca col suo Cavaradossi.
"Collega I.! Che bello vederti!"
"Mamikazen!"
Poi però mi ha guardato storto.
"Smettila di dimagrire."
"Dimagrire?! Ma se ho messo su due chili quest'inverno che non riesco a smaltire..."
"Naaaaah, naaah. Una volta eri più polposa, adesso sei troppo snella. A me piace... sentire."
Questa sera mi faccio una birra. Alla salute del collega I.
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