sabato 26 ottobre 2013

Domani, e poi domani.

Lunedì pomeriggio ore 15, lezione di canto "leggero". La Maestra P. mi disvela i segreti del vocalismo pop, mentre io cerco di capire di cosa sta parlando, mentre smaltisco la mattinata 8-14 al lavoro, il recupero figli, il tragitto scuola-casa correndo dietro a un novenne scatenato in bicicletta, il pranzo rato ma, ahimé, non consumato.

Bene, Mamikazen. Come è stata classificata la tua voce?
Beh, nel coro canto da Mezzosoprano...
... ma...
... in Conservatorio mi avevano classificato come Soprano lirico-leggero...
... e...
... e mi è capitato di cantare da Contralto, o di fare le voci all'ottava bassa con gli uomini, quando c'era bisogno.
Immaginavo.
Sì? Ehm... vale a dire, non sono un granché da nessuna parte. Per arrivare arrivo, ma nel coro va bene così.
Ah, certo. Comunque ho già trovato una canzone perfetta per te.
Davvero? Ma è il nostro secondo incontro...
Fantastica. Ti piacerà, è perfetta. Te la ricordi, Filippa Giordano?
Vagamente.
Sanremo, fine anni '90...
Più o meno.
Comunque ecco qui... Allora? Ti piace?
...
Beh?
... a parte la difficoltà...
Sì?
... il testo...
Il testo?
...
...
Non importa. Comunque sia chiaro, Prof, secondo me le uniche cose che abbiamo in comune io e Filippa Giordano - così, a orecchio - sono altezza e peso, gambe e taglio dei capelli.
Ma no, ma no. Tu prova.
Mhfrgh.
Eh?
Ok.


domenica 13 ottobre 2013

Pedali


ci sono giorni in cui ogni cosa gira
all'indietro, come le ruote delle automobili
nei vecchi film.
pedali, pedali e non fai mai gol,
mi prende in giro
un amico.
allora io vado
in bicicletta.
pedalo, pedalo
lungo la pista
che corre
tra le rotaie e il mare
dove ci sono i fiori gialli
nella sabbia
gli alberi delle barche
che tintinnano
a riva
i capanni chiusi
gente che cammina
i gabbiani
il vento.
pedalo, pedalo
e non faccio gol.
pedalo, e basta.


domenica 6 ottobre 2013

piove.

sabato mattina.
come apro la finestra, piove.
piove di una pioggia umida e grigia, piove d'autunno, di castagne matte e cieli bianchi lucidi, piove di ombre e intonaci umidi e pozzanghere e gatti rintanati. piove di ombrelloni chiusi e messi via per l'inverno, piove di sabbia bagnata e scura, di capanni sbarrati con le tavole di legno. piove di alberghi chiusi, di pensionati tristi e pantaloni lunghi. piove di asfalto lucido, piove di colline lontane nella bruma, piove di gabbiani in larghi giri sui pescherecci. piove di ricordi caldi, che non se ne vogliono andare.
sotto al vestitino rosso che ho messo perché devo celebrare un matrimonio, sopra le calze velate indosso un paio di calzettoni blù e gli stivali di gomma lilla. le decoltè rosse le metto in una busta, per dopo. so che questo indossare cose colorate non convenzionali mi costerà un certo prezzo, ma non ho voglia di bagnarmi mentre attraverso il centro storico a piedi per andare al lavoro, benedetta da una sinusite come non ne avevo da un paio d'anni.
infatti quando arrivo al Bar del Cappuccino sono ragionevolmente asciutta. non così CapoV. l'acqua gli ha inzuppato il giubbotto firmato e le scarpe di pelle vera, ma tanto lui è nato pronto, e ha sempre un cambio nell'armadio.
al lavoro, i miei stivali di gomma vengono come e qualmente sezionati - lilla è carino, ma non sta bene col rosso. non celebrerai mica così? non avevi qualche altro colore da mettere? and so on.

domenica pomeriggio.
dopo giorni riesco quasi - quasi - a respirare dal naso, da una narice, almeno. fuori piove, ma io voglio camminare. prendo l'impermeabile nero - sacco della monnezza che ho comprato alla fiera nella bancarella delle biciclette, per sei euro. lo indosso sopra al k-way arancione e agli immancabili stivaloni lilla. mi sento un incrocio tra un pescatore di fiume e un poliziotto di fine '800 a caccia dello Squartatore nei vicoli della Londra vittoriana. sembro un po' anche la Grande Mietitrice, mi ci vorrebbe una falce.
esco abbandonando tutti e cammino verso il mare, mentre ascolto le canzoni che mi hanno accompagnato tutta l'estate.
l'estate, che è finita, e adesso piove.

(del resto, il programma dello scorso trimestre - prendere il sole - l'ho completato tutto in pieno. Ho sentito il mare dentro un sacco di conchiglie, ho avuto il mio battito di ciglia. non mi lamento.
e mancano solo sette mesi, alla prossima estate)


mercoledì 18 settembre 2013

Viens me voir.

Hai visto? Ti guardava.
Cosa dici, CapoV?... Ma chi? Quando? Come, dove...
Il Capo Supremo. Ti guardava.
Oddio, cos'ho fatto? Sbagliato annotazione? Trascritto male un atto dall'estero? Trattato a pesci in faccia un utente? Piazzato due matrimoni stesso giorno stessa ora? Chiesto con troppa insistenza di partecipare al corso ANUSCA in lingua inglese una settimana tutto spesato a Castel San Pietro Terme, onde potermi strafocare di gnocco fritto? Autorizzato la cremazione di uno che non è ancora morto? Spedito la salma di un Cingalese in Moldavia? Riso troppo forte?
Non ti guardava per quello.
E allora COSA?
...
...???
Ti fissava le gambe.

Forse inaugurare i nuovi leggings "viens me voir" con un paio di decolletè tacco 9 stamattina  al lavoro non è stata la migliore delle trovate possibili.


mercoledì 4 settembre 2013

Directions to a niece; il senso della vita, dell'amore, del sesso e dei calzini.

Io credo che dovresti cominciare a darle dei consigli, che so...
Credi?
Sì, sei sua zia, sta crescendo, ha diciassette anni, tu sei più vicina a lei d'età, magari a te ti sta a sentire.
Mmmh... che genere di consigli avevi in mente?
Beh, tu che sei una grande lettrice, frequentatrice di biblioteche e librerie, potresti cominciare a consigliarle dei libri, quelli che consideri una specie di canone, per cominciare, magari una volta potresti accompagnarla tu in biblioteca...
Libri, eh?
Libri, cose così.

 Directions to a niece:
1) Quando un uomo ti dice che ti ama per la tua intelligenza, assicurati che ti stia fissando il culo.
2) Ricordati che il matrimonio è la tomba dell'amore, una tomba colma di calzini e boxer sporchi.
3) Ricordati di prendere la pillola.
4) Studia, impara, viaggia e stai fuori la notte fino a tardi, più che puoi.
5) Trova prima possibile il modo di mantenerti da sola e vai a vivere per conto tuo. Non temere, i tuoi se ne faranno una ragione.
6) Dalla (nel senso dell'imperativo categorico, non del cantante. E ricordati il preservativo).
7) Ricordati che con gli uomini devi decidere, organizzare, preparare e fare tutto tu, e anche dire grazie alla fine. Valuta tu se e quando ne vale la pena e se trovi un uomo che decide, organizza, prepara e fa... passalo a zia.
8) L'uomo ideale non ha necessariamente la mascella quadrata, ma necessariamente si ricorda di separare i bianchi dai colorati.
9) Non dire a te stessa "prima o poi le cose cambieranno": cambiale ora.
10) Ricordati che si vive una volta, se va bene.

mercoledì 14 agosto 2013

Lisa dagli occhi boh.

Mamma, cos'è questa canzone bizzarra?
Amore, non è bizzarra. Bizzarra in che senso?
Ma non l'hai inventata tu?
Ma ti pare.
Allora da dove viene?
Dalla fine degli anni '60, amore, dalla tivù in bianco e nero. La cantava un signore con una bellissima voce un po' all'antica che si chiama Mario Tessuto. Pensa che lo zio Ing. quando era ragazzo aveva un duo musicale col suo migliore amico e si chiamavano "I Fratelli Tessuto."
Allora non l'hai inventata tu.
No. Però mi piace, e la canto. C'è un video molto bello della tivù in bianco e nero in cui lui entra in scena presentato da Johnny Dorelli...
Johnny CHI?!
Lascia stare. Comunque, Mario Tessuto entra in scena e si vede che è emozionato e teso, e nella ripresa poi si vede il momento esatto in cui gli arriva il primo applauso dal pubblico e lui sorride, perché capisce che è andata.
Capisce cosa?
Senti, quando siamo a casa te lo faccio vedere.
Ok.

(notare la cravatta a polka dots e il direttore che tiene il tempo con la gamba)

venerdì 9 agosto 2013

Buone ferie.

Si aggira inquieto, poi arcua le sopracciglia grigie e incolla il naso al vetro.

"Hai detto che l'avresti presa per due ore."
"Non l'ho mai detto."
"Due ore, hai detto. E' il suo ultimo giorno prima delle ferie. E' tardi. Avevi detto due ore, in prestito."

"Non l'ho mai detto."
"Poi te la ridò."
"Mai detto."
"E' l'ultimo giorno."
"Io, se te la prendo, la prendo per tutta la mattina."
"Di là abbiamo avuto tantissimo da fare."
"Non è vero."
"Tantissima gente."
"No."
"Lei ci serviva."
"Serviva qui."
"Due ore, avevi detto."
"Non l'ho mai d..."
"SCUSATE"
"..."
"..."
"CapoM e CapoV, la vostra nobile tenzone mi commuove ma non sono una tizia a ore e comunque fate più piano, che sto scansionando i cartellini delle carte d'identità e mi confondo coi numeri."

venerdì 2 agosto 2013

Non apritemi questa porta. Ossia di cose che si possono fare nelle cabine in spiaggia, sesso, secchielli, sudore e premenopausa.

L'altro giorno, e non è che io abbia una chiara memoria di come si sia arrivati a parlare di questo, dato che l'argomento in discussione tra me, CapoM e CapoV era un argomento prettamente demografico, tipo la certificabilità del primo matrimonio di chi si risposa o la questione della privacy nell'accesso ai dati anagrafici all'interno di reti condivise o la pessima abitudine che hanno alcune signore straniere quando prendono la cittadinanza italiana e, dopo aver dovuto cambiare nome per legge, lo ricambiano un altro paio di volte incasinando l'INA-SAIA e creando disallineamenti di codici fiscali a portare anatemi e carestie fino alla dodicesima generazione, inclusi i rami collaterali, quindi non ho proprio il ricordo di come si sia venuti in argomento.

Ho solo, distinta, l'immagine di CapoV, nell'ufficio di CapoM, semidisteso su una sedia accanto alla scrivania nella sua camicia di lino bianco, coi suoi jeans stirati e i mocassini scamosciati grigio pantegana, che socchiude gli occhi e fa, rivolto a CapoM:
Non hai idea delle cose che si possono fare nelle cabine.

Ora, premesso che CapoV non ha una cabina, ma si ostina a trasportare nelle borse della bici (sì, quelle ai lati della ruota posteriore, proprio quelle in cui le casalinghe attempate stipano la spesa di verdura) il telo, il costume, le ciabatte, la frutta, il giornale nonché un'enorme catena gommata con lucchetto ideata per legare uno scooter di grossa cilindrata a un palo della luce (ma perché non hai preso una cosa più maneggevole? se ti va in mezzo ai raggi t'ammazzi - Era in offerta alla Coop). Quindi delle potenzialità erotiche delle cabine al mare non dovrebbe sapere nulla.

Probabilmente lo ha detto solo per movimentare la mattina sua e di CapoM, tra un permesso di seppellimento e una carta d'identità non valida per l'espatrio.

Il punto è che io ero lì, e io ce l'ho, una cabina. Una piccola cabina con la porticina bianca e l'interno dipinto di azzurro, con tante barchette bianche. Una piccola cabina dove sembra sia esploso un negozio di giochi da spiagga, costellata di cadaveri di lettini, palette senza manico e palline rimbalzine. Una cabina in cui un archeoetnoantropologo potrebbe condurre una campagna di scavo stratigrafico e risalire alle abitudini di gioco dei primi anni '90, riportando alla luce con delicatezza i resti dei giocattoli dei cugini ormai maggiorenni dei miei figli, sepolti sotto i sacchi della mondezza condominiali che ospitano gli ultimi sgargianti prototipi di fucili a pompa idraulica e racchettoni verde lime. Una cabina in cui si riesce ad entrare in uno - massimo due alla volta, e i due in questione non devono superare il metro e quaranta d'altezza. A meno che al mare non ci siano anche i cuginetti di Reggio, nel qual caso per accedere bisogna spingere con violenza per superare la resistenza dei ciambelloni galleggianti con cui i suddetti cuginetti sono adusi a fare il bagno. Una cabina in cui si entra bagnati, sudati e pieni di sabbia e la sabbia e il sudore rimangono sul pavimento finché, a fine giornata, non arrivo io a perpetuare l'estenutante rito della Mater Matuta spazzando via la sabbia e rendendo i venti centimetri quadri calpestabili nuovamente agibili.

Una cabina che ora rientra a pieno titolo nell'elenco delle mie frustrazioni del c***o, perché oltre a sentire l'età che avanza, il tempo che scorre tra lavoro, casa e famiglia senza mai avere un momento per chiedere a Mamikazen 'Ehi, come va?', il vedere il mio corpo ancora godibile che non viene goduto per via di tutto quanto detto sopra, nella malinconica consapevolezza premenopausale che quando potrò godermelo ormai avrà miserevolmente ceduto in pieghe e rotoli supinamente devoti alla forza di gravità, a tutto questo e tanto altro che in questi giorni mi infesta ormai si aggiunge pure un pensiero ricorrente.

Il pensiero compulsivo di tutte quelle cose che si possono fare nelle cabine, e io non ho mai fatto.

venerdì 26 luglio 2013

Un corpo da urlo.

Sulla riviera adriatica è quasi sera.
Il mare è una tavola verde stretta e sottile, con tanti isolotti di sabbia morbida e scura. Su uno di quegli isolotti giocano i miei figli.
Io dormo sul lettino, ma li sento. Il processore elettronico di ultima generazione che è il cervello di una madre è in grado, anche nel sonno, di discernere la voce dei figli in mezzo a quelle di miliardi di altri bagnanti minori autoctoni e alloctoni, e di percepire se le grida sono di gioia, allarme reale, allarme simulato.
Mi rigiro.
Frammenti di conversazione dall'ombrellone vicino, da una mia coetanea dall'accento lumbàrd.
"... e non le sopporto, quelle di cinquant'anni con la tinta color mogano, sembra che abbiano il casco. Io dico, se una si trascura, ma non ti guardi allo specchio la mattina? e vogliamo parlare di quelle che a quarant'anni non si tingono? che girano con i capelli grigi, o bianchi? che schifo, non si può lasciarsi andare così..."
Mi alzo e caracollo in direzione della Lombarda alla Prima Crociata.
"Scusa, cosa dicevi delle quarantenni coi capelli grigi?"
La Lombarda mi guarda con aria schifata, poi scuote la testa.
"Naaaaah, niente da fare. Non parlavo di te. Con quel taglio perfetto..."
"L'ho fatto da sola con la macchinetta."
Mi liquida con un gesto.
"Ti stanno benissimo. Ma soprattutto, con quel corpo da urlo che ti ritrovi, è chiaro che i capelli puoi tenerli come ti pare."

... corpo da urlo?!

... cioè, una cosa tipo... questo?

lunedì 22 luglio 2013

Dazarhahs.

In questi giorni vado in ufficio sempre ben vestita.

Coordino le scarpe con gli orecchini, mi permetto le scollature più autoreferenziali, l'altro giorno ho indossato persino una minigonna, come le mie gambe non vedevano da almeno dieci estati fa. Bianca, a balze di pizzo e cotone, assieme a un paio di ciabattine d'argento con un minuscolo tacco.

QuasiCapoF., che è un ex militare nonché un giovane di spiccata sensibilità e assillante dirittura morale, mi ha soprannominata la Ballerina da Tavolo. La collega presente mi ha chiesto perché non lo picchiavo; ho risposto che a vent'anni forse lo avrei fatto e me ne sarei andata sdegnata, ma dato che ho superato i quaranta e non ballo dall'ultima festa invernale di compleanno dei bambini, l'ho ringraziato del complimento.

CollegaD non mi parla più, preferisce rivolgersi direttamente alle mie tette.

Un paio di colleghe disapprovano -  va bè, facciamo quattro o cinque - mostrando diverse sfumature, dalla perplessità simpatetica al disprezzo venato di sarcasmo al muro di astio. Io mi chiudo negli atti di nascita da trascrivere, m'infilo nei meandri dei multipli cambiamenti di nome cui sono sottoposte le donne straniere che acquisiscono la nazionalità italiana, pazientemente dipano le loro vicende dalla nascita in luoghi lontani al matrimonio al passaggio in una terra straniera dove, dopo aver lavorato e figliato e amato e sofferto ottengono la cittadinanza italiana, al prezzo di cambiare cognome, perdere un pezzo di nome, adeguarsi alla nostra piatta regola della patrilinearità.

Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato.

E intanto quando mi alzo dalla scrivania per andare a fotocopiare la carta d'identità di quelli che vengono a fare le pubblicazioni di matrimonio li vedo, i fidanzati, che mi guardano le gambe. "Puoi celebrarlo tu, per favore, il nostro matrimonio?". Certo che posso, tanto anche la fidanzata è contenta, in fondo lei ha vent'anni e io potrei essere sua madre, e un bell'Ufficiale di Stato Civile fa bella figura alla cerimonia.

Ogni tanto mi chiedo cosa mi abbia preso.

E' come se ci fosse un'altra me che non ha spazio, non riesce a venire fuori, tra i discorsi e le esigenze, reali o indotte, dei figli, tra il lavoro e la stanchezza del marito, tra i problemi, le angustie e i panegirici degli ormai numerosi parenti molto anziani, tra le mie insicurezze di madre sui generis, lavoratrice indefessa ma sempre convinta di non essere all'altezza, donna di casa risibile, cuoca nulla, sperperatrice dei nostri pochi spiccioli in oggetti compensatòri - sei braccialettini rigidi d'argento. Perché proprio sei? Perché hanno un significato.

Mi sento una Shahrazad al contrario.

Lei, per restare in vita raccontò storie per mille e una notte, finché lo Scià, probabilmente per disperazione, la fece smettere e per punizione, invece di decapitarla, la sposò. Io mi sento una Shahrazad al contrario, c'è sempre qualcuno in ogni momento pronto a raccontarmi i suoi difficili rapporti con alcuni parenti, il proprio drammatico divorzio, le vicende alterne di un devastante mal di stomaco, le nequizie di una nuora sordida, i misteri complessi di yu-gi-oh e fruit ninja, il decline and fall di una società sportiva e dei suoi accoliti, o più semplicemente ma sempre diffusamente drammi d'amore, sedute di shopping, la filosofia buddista o gli innumerevoli e imperdibili vantaggi di una dieta a base di legumi bio.

Io non riesco a parlare.

Ci ho provato con qualche  cara amica, che mi ha detto "Sì sì sì, fai bene, adesso però ti devo raccontare...". Mi sento come se avessi un pallone da calcio in mezzo al petto, a volte vorrei sbattermi in terra, piantarmi un ago tra le costole per farlo scoppiare. Invece mi chiudo e mi giro la chiave come un lucchetto, ascolto chi devo ascoltare, continuo a fare quello che devo fare. Faccio finta di non vedere i bambini che lasciano tutto in giro, il marito che arrotola i calzetti dentro le mutande, la collega che aspetta al varco ogni mia minima disattenzione, mio padre di ottantacinque anni che mi spiega come devo parcheggiare l'auto. Faccio finta di non vedere i soldi che non ci sono, le vacanze che non si possono fare, il divano dove non ci si può trasferire a dormire quando il marito russa perché è vecchio e pieno di buchi, il divano.

Dentro di me c'è un'estranea.

Un'estranea che mentre lavoro sei ore al giorno dal lunedì al sabato, mentre porto i figli al mare o in piscina o a musica, mentre lavo i piatti o stendo i panni o stiro o preparo vagamente da mangiare o organizzo una cena per tirare su il morale a mia madre o accompagno mio padre dall'oculista, lei nel frattempo si mette la minigonna e si trucca, si smalta le unghie e sogna sogni molto stupidi.

A volte desidera, persino.

domenica 21 luglio 2013

Il coro di quelli che, invece.

E' lui che gliel'ha sventolato, e lei che c'è cascata. E' lei che gliel'ha servita su un piatto d'argento, e lui che non ci ha visto più. Lei è stata ingenua, lui un vero squalo. Lui un poveraccio, lei una vera troia. Lei - una leggera, lui - un incauto. Lei l'ha intortato e lui non ha resistito. Lui se l'è lavorata e lei si è sciolta come neve al sole. Lui - un bastardo, lei - un'ingenua. Lei è una rovinafamiglie, lui cosa doveva fare? Lei se l'è cercata, lui se l'è voluta. Lui con la coda tra le gambe, lei resterà sola. Da lei non me lo sarei mai aspettato, lui invece. Da lui non me lo sarei mai aspettato, lei, invece, si capiva. Ma cos'avrà lui poi per. Ma cos'avrà lei poi per. Tanto si sa, gli uomini a una certa età. Tanto si sa, le donne a quell'età. Lei poteva fare a meno. Lui cosa ci avrà trovato.

E comunque finirà male per tutti e due.

(perché il coro c'è sempre. ode al coro, del quale a volte anch'io, indegnamente, ho fatto parte)

mercoledì 17 luglio 2013

Ikea benefit. Di Armageddon, Alicia Gimenez Bartlett e tassi di montabilità.

Ore 21 e rotti.

Tre amiche (molto amiche, amiche-amiche, quelle che se a una fanno il siero della verità vanno nei casini tutte) nel buio a bordo strada tra le auto parcheggiate e le finestre illuminate sui tinelli come tanti quadri di Hopper, solo che dentro al quadro al posto dell'Americano secco in grisaglia e ginger ale c'è l'Italiano panzuto in canottiera e cedrata.

Certo che alla fine il punto rimane quello.
Eh, già.
Ma 'nfatti.
Al di là della filosofia, del credo e dei convincimenti, è il nodo inestricabile, come dire...
Il punto di non ritorno.
Già. Una sorta di Armageddon...
... l' Apocalisse...
... Nel senso greco di "apò kalypto", rivelo o disvelo.
 Ma anche nel senso di immane casino.
Che se poi come dice il Vangelo non lo fai ma lo pensi vai all'inferno come se lo avessi fatto, e allora tanto vale.
Ma 'nfatti.
Ve l'ho detto, dovete leggere l'ultimo di Alicia Gimenez Bartlett, lì si capisce proprio.
E tu passalo, no?
Hai ragione.
E comunque è dura, se càpita.
Il problema è che a volte, come dice un'amica mia, lui è proprio un uomo Ikea.
Ikea... nel senso di?
Montabile.


domenica 7 luglio 2013

It's all in the wrist.

mamma, posso fare il bagno appena mangiato?
sì.
mamma posso avere un altro gelato?
sì.
mamma, posso andare a fare la trecentodecima partita a biliardino?
sì.
mamma posso strafocarmi di patatine e poi, naturalmente, fare il bagno al largo?
sì.
mamma, posso infastidire i grandi che giocano a ping pong?
sì.
mamma posso rubare la fidanzata al mio migliore amico?
sì.
mamma posso...
naturalmente.

mamikazen, i tuoi figli sono due angeli. Ma come fai a farli stare così buoni al mare? Si vede proprio che li hai educati bene. E' inutile che continui a dire che sono buoni di natura, che tu non fai niente, se non li avessi educati bene non sarebbero così. Sei davvero una brava mamma. Ma come fai?
Beh, è tutta questione di polso.

(polso sempre saldamente fermo. A bordo lettino, ovviamente).


giovedì 4 luglio 2013

Tie break (jeux décisif)

Ciao collega GenioDeiTelefoni!
Ooh, Mamikazen, che piacere.
Aspetta un momento prima di immergerti nel misterioso mondo degli apparecchi telefonici muti, devo chiederti una cosa.
Spara.
Tu che sei un provetto tennista, puoi darmi qualche dritta sul circolo del tennis?
Per te? Vuoi imparare a giocare?
No, per mio marito che non fa più movimento e mette su pancia. Quando era ragazzo giocava, vorrei regalargli delle lezioni per vedere se riesco a fargli fare un po' di moto.
Segnati questo numero: 063XYZWR, quando chiami chiedi di Mattia che è il coordinatore degli istruttori. Ma toglimi una curiosità...
Certamente, dimmi.
A donne, il marito, come va?
Mah, non saprei. Capisci, se va a donne non lo dice certo a me! Evidentemente comunque non fa abbastanza movim...
Non hai capito.
No?
No. Io intendevo: con TE.
Con... beh, compatibilmente con gli impegni e la famiglia... insomma normale, ma WTF... ?!
Segnati questo numero: 347GFTDFR.
Fatto. E' un insegnante di tennis?
No. E' il mio cellulare. Per te, non per il marito.
...
Ricordati, eh?
...

domenica 30 giugno 2013

Il burlone (gente che dorme alle dieci e mezzo del mattino).

'Mfghbrhhhhmhprontoh?'
'E' la signora Mamikazen?'
'H-sì-h.'
'Buongiorno. Sono il medico dell'INPS, devo venire a farle la visita fiscale. Lei è in casa, vero?'
'Hrmhngh-sì.'
'mi dà il suo indirizzo signora per favore?'
'Certo, Via Fringuelli centottantuno, quasi di fronte alla Biblioteca di San Giorgio.'
'Dove devo suonare?'
'Hrmhf-h, nel campanell... insomma, lo vede, ci sono due campanelli, in uno c'è 'Mamikazen', lei suoni lì...'
'Intendevo, a che piano sta?'
'Primo piano a destra.'
'Ma ci sono molte scale da fare?'
'... ma... veram...'
'Perché se ci sono molte scale da fare non vengo. Sa, io sono anziano, e...'
'CAPOV., CAZZO'
'He he, ci se casc...'
'STAVO DORMENDO'
'Dormivi?! Ma sono le dieci e mez...'
'SONO A LETTO CON LE PLACCHE E LA FEBBRE E DORMIVO'
'Ah beh, hi hi haha hohohoho...'
'Ma chi c'è lì con te? C'è anche CapoM.?!'
'Eh sì! Siamo noi due, il tuo ex Capo e il tuo nuovo Capo... Lo senti? ride!'
'Passamelo.'
'Veramente non so se...'
'HO DETTO PASSAMELO'
'Ok, ok, eccolo.'
'CapoM., da te non me lo sarei mai aspettato. Hai preso il matrimonio da trascrivere che era nel mio cassetto? Avete preparato i documenti di quel trasporto per domani?
'Ma come, dormivi? Alle dieci e mezzo del mattino?'
'STO MALE.'
'Ti ho lasciato una cittadinanza da fare per sabato. Certo che... alle dieci e mezzo del mattino...'
'He he hohoho hi hi hi...'

martedì 7 maggio 2013

La teoria del complotto.

"ALFANO: FEMMINICIDIO NEL PROSSIMO CDM".

I casi sono due.

O ad Alfano questa forte componente femminile, in un caso persino tinta di nero, nel CDM, proprio non va giù, e ha deciso di rimediare drasticamente

Oppure i titolisti del Televideo alla RAI li scelgono con gli stessi criteri con cui i Comuni scelgono gli uscieri degli uffici.

giovedì 25 aprile 2013

Vipera.


Mi', che libro.
Non si può manco recensire.
E che, puoi forse recensire un commissario dagli occhi verdi che sente i morti parlare?
Puoi  forse recensire la pastiera, le sfogliatelle, il caffè?
Puoi forse recensire un autore che usa le parole come le conoscesse da prima di venire al mondo?
Puoi forse recensire Napoli?
Naaaaaaaah.
Vedi napoli, e poi muori.
O, più probabilmente, ti leggi tutti gli altri romanzi di Maurizio De Giovanni.

domenica 21 aprile 2013

V.M. (Vietato ai Montessoriani)

RodolfoValentino e Guanciabella in cucina giocano ad acqua e sputo con le provette del Piccolo Chimico. Mentre sul divano leggo articoli di cronaca nera su donne picchiate dai fidanzati, uccise dai mariti, sfigurate con l'acido dagli amanti, vengo assalita dal dubbio di aver messo al mondo due potenziali stupratori/stalker/assassini seriali di oneste prostitute.

- Ragazzi. RAGAZZI!
- Sì, mamma?
- Ricordatevi, una donna non si tocca NEANCHE CON UN FIORE. Capito?
- Hmmmm.
- CAPITO?
- Sì, mamma.
- ALTRIMENTI VENGO LI' E VI MENO.

sabato 20 aprile 2013

Tatuaggino? (g.c. Elio e le Storie Tese)

- mamma, mi sa che mi sta salendo la febbre.
- ok, ok. Stai qui con me sul lettone ci rilassiamo un po'...
- che stai facendo? oh, tatuaggi, bello!
- voglio scegliere il mio prossimo tatuaggio.
- figo.
- mi aiuti?
- sì. Cosa ti piace?
. hmmm... gli old school... questi con l'ancora. Oh, guarda, le pin-up! Uuuuuuh, guarda questo veliero, fantastico.
- mamma...
- aspetta, andiamo a vedere le principesse guerriere. Certo anche le fatine non sono male però no una cosa troppo smielata, un po' più aggressiva, sexy, tipo...
- mamma...
- oppure magari anche le farfalle 3D, guarda son meravigliose, vedi? con l'ombra, sembrano vere...

(2 ore più tardi)
- guarda questo ragno, fantastico. E questa coccinella?
- ...
- RodolfoValentino?
- ...
- ciccio, stai bene?
- mamma, sono caldissimo. Mi sa che ho minimo trentanove.
- sciocchezze, è il computer che è surriscaldato. Guardiamo un po' di carpe koi...

venerdì 19 aprile 2013

"The Resilience of Creativity in an Obstile Context" (abstract)

Ore 08.00.

Ampie aule fasciste della vecchia enorme scuola fascista ove hanno sede i dinamici Servizi Demografici di Cignocittà.

Mi avvio con aria professionale e impegnata verso l'anagrafe (ho in mano una pratica inutile e due mele da piazzare nell'armadietto delle merende della camera cafè).
Contemporaneamente collega V. si materializza dalla COpA (Centrale Operativa Anagrafica) con una pratica inutile in una mano e l'imprescindibile tazzina di caffè nell'altra.
Ci guatiamo e ghignamo: collega V. indossa una camicia rosa degna di un episodio cult di "Modern family", io ho un paio di fuseaux con una collezione di variopinte rose Barni su fondo nero.
- Guarda, siamo coordinati! - faccio io, roteando il sacchetto delle mele.
- Siamo fighissimi! e non hai visto il calzino... -  fa collega V., appoggiandosi a me con la mano che regge il caffè e mostrando la caviglia fasciata in un calzettone a coste mauve.

In quel momento, spunta il Dirigente.

giovedì 18 aprile 2013

C'è un motivo, se si dice "paesucolo"

Segreteria telefonica del Comune di *Paesucolo:

"Buongiorno.
Siete in linea con il Comune di *Paesucolo.
Se conoscete già il numero dell'interno desiderato, digitatelo."

SE NO, FO**UTISSIMO C***O???

domenica 24 marzo 2013

ieri sera ho visto un film di woody allen.

ieri sera ho visto un film di woody allen.
hm.
era "tutti dicono I love you". mi è piaciuto. l'hai visto?
no, ero a dormire.
ma a te piace, woody allen?
hm.
e' un sì?
h.
allora, ti piace o no?
s.
quali film hai visto?
non ricordo.
come sarebbe? hai detto che ti pia...
è che li ho visti tutti. molte volte. a parte qualcuno degli ultimi.
ah...
il primo l'ho visto al cinema con mia mamma, che avevo sette anni.
sette anni?!
eh, sì. era "Manhattan".
ah. allora ti piace, woody allen.
hm.

se ti conoscessi meglio potrei dirti che non è che woody allen mi piaccia. è che io sono woody allen. a parte il talento e le donne, intendo. per tutto il resto, io sono woody. potrei raccontarti di quando mia madre e mio fratello restavano a guardare le maratone woody allen in tivù fino a notte fonda e io sentivo tutti i sonori. di quando usciva il film annuale e mia mamma mi portava a vederlo, stardust memories, zelig, la rosa purpurea del cairo, radio days, crimini e misfatti. potrei dirti che il mio preferito è crimini e misfatti, no manhattan, no radio days, no broadway danny rose, no hannah e le sue sorelle, no...
ma in realtà anche se mi sei parecchio simpatico non ci conosciamo così bene, quindi, se proprio ci tieni, possiamo rimandare questo discorso a tra una decina d'anni.
mese più, mese meno.


giovedì 7 marzo 2013

UVF, ossia l'Utonta che Venne dal Frigo.

Ore 11.00 di una mattina che poteva andare già molto meglio.
Sto pensando di alzarmi e infilare il corridoio fino allo Stanzino dei Giochi Proibiti per prendermi un bicchiere di quel liquido caldo dal sapore di antitarme che la ditta fornitrice si ostina a chiamare "the".
Le altre colleghe nella stanza sono sedute ciascuna alla rispettiva scrivania, come non capitava da settimane. Una prepara una cittadinanza articolo 44, una studia un verbale di cremazione, una sta per andare a celebrare un matrimonio ma ancora non è partita.
Nessun utonto in vista.
Prendo la chiavetta del distributore dello Stanzino dei Giochi Proibiti e mi alzo.
Immediatamente con una fluidità degna della medaglia d'oro di sincro alle olimpiadi collega P. va a rinchiudersi con aria cupa nello stanzino del Responsabile, collega N. si alza con aria svagata e si allontana in direzione del bagno, collega A. raccoglie con un solo ampio gesto atto di matrimonio, regalo e scarpe col tacco e fugge a far convolare, mentre entra un'Utonta.
L'Utonta che Venne dal Frigo.
Età stimabile settant'anni, volto imprigionato in una maschera di silicone in un maldestro e violento tentativo di schivare il Tempo, col risultato di sembrare una bambola gonfiabile usata come tappeto elastico da un bambino obeso.
Capello biondo sfibrato.
Pelliccia bianca.
Labbra forzatamente immobili.
Usando disponibilità e cortesia (carini e coccolosi, ragazzi, carini e coccolosi) ricostruisco il problema della UVF e lo risolvo con una gitarella in archivio e un paio di estratti. La signora sembra contenta, per quello che i suoi muscoli facciali le consentono di mostrare. Ringrazia. Poi mi fa:
Posso parlare di una cosa personale?
Certo, signora. Dica.
Perché non si tinge i capelli?
Non ho voglia di andare tutti i mesi a fare il ritocco dal parrucchiere,  o di spataccare tutta casa con le tinte.
Ma è un peccato, lei deve tingersi, è ancora giovane!
Sicuramente lei ha ragione, signora, ma le assicuro che non ce la posso fare...
No, no, non può restare così. Sembra molto più vecchia di quello che potrebbe sembrare se si tingesse. Lei così dimostra la sua età... invece, se si tingesse i capelli...
(Nel frattempo dall'anagrafe è spuntato collega V. che ha colto la succulenta occasione e si è piazzato dietro le mie spalle. Lo sento ghignare nell'intimo)
Allora, facciamo a capirci. Lei quanti anni mi dà? Sinceramente.
(Con la coda dell'occhio vedo collega V. fare "sessanta" con le dita)
Guardandola bene... direi quarantuno, quarantadue...
Esatto. Sono del 1971, quindi dimostro la mia età. 
Se si tingesse i capelli ne dimostrerebbe dieci di meno.
Ma a che pro? Cioè, cosa ci guadagnerei a dimostrarne di meno?
Lei non capisce il suo vantaggio, si tinga, lo dico per il suo bene.
E io la ringrazio, davvero, è gentile da parte sua. Magari ci penserò quando mi verranno le rughe.
Spero non si sia offesa...
Assolutamente, arrivederci.
Arrivederci e grazie.
...
Io...
NON. DIRE. NIENTE.
Ok. te lo dico dopo.
Ciao.
Ciao.

mercoledì 27 febbraio 2013

In Siberia.

Per le elezioni, Capo V. è convinto di aver creato una task-force imbattibile, formata da elementi instancabili ed assolutamente fidati, per portare a termine alcuni delicati compiti legati all'espletamento del voto, vertice inviolabile dell'esercizio della democrazia.
Purtroppo per lui, a dimostrazione che anche i migliori a volte sbagliano, nel gruppo ha inserito anche Mamikazen e la mitica Collega F.

Mamikazen, qui ci sono i pacchi di schede che vanno all'interno dei sacchi, un pacco per la Camera uno per il Senato. Ne prendi su UNO ALLA VOLTA e lo metti davanti al sacco, così li possiamo ricontrollare tutti prima di metterli dentro. Tutto chiaro?
Certo, Capo V.
Allora vai. Seggio 48, settecentoquarantadue schede; seggio 100, novecentoottan... cosa st... Mamika, cosa stai facendo?
Quello che mi hai detto.
Io ti ho detto UNO ALLA VOLTA. Dammi retta, altrimenti domattina non senti più le braccia. Portane uno alla volta, cammini di più e fatichi di meno.
Ma così è più comodo.
Dammi retta.
Sono poche schede in ogni pacco.
Stai a sentire a me, ti conviene.
Poche.
Sentirai.
Non sento niente.

(La mattina dopo)
Mamik? Pronta per i duplicati delle tessere elettorali? Allora, questo è il tuo computer, queste sono le tessere, qui c'è il timbro "duplicato", qui c'è... Mamik, ma mi ascolti?
...
Cosa c'è? Ti fanno male le...
STAI ZITTO
Io te l'avevo d..
ZITTO
Ok
Ok
Ok
...

(allo sportello magicamente si materializza la signora C., entreneuse storica della città, donna di spettacolo e imprenditrice del sesso dotata del più enorme paio di OMISSIS che si siano mai viste, per l'occasione fasciate in un top rouge scollatissimo nonostante fuori ci siano dagli otto ai trentadue gradi sotto zero)
Buongiorno signora. Dica.
HO PERSO LA TESSERA ELETTORALE E VORREI VOTARE, COME DEVO FARE, CARINA?
Non si preoccupi, mi dà un documento d'identità e la rifacciamo subito. Questione di un minuto.
OH GRAZIE CARINA SEI GENTILISSIMA.
Ecco, signora. Una firma qua, per favore. Grazie. Questa è la sua nuova tessera...
MA COME SEI GENTILE. POSSO DIRTI UNA COSA?
Certo, signora, dica.
SEI UNA DONNA MOLTO, MOLTO SEXY. 
Oh, grazie... altrettanto.
QUEL VESTITO TI STA BENISSIMO. SOLO... UN PO' PIU' DI SCOLLATURA LA PROSSIMA VOLTA, EH? MI RACCOMANDO.
Senz'altro, non mancherò.
Mamikazen, ma quella è...
Se cortesemente vedi di stare zitto forse è la volta buona che riesco a trovarmi un lavoro ben retribuito.
Ah, ok, scusa.
Niente.


Mamik, lo sai? A me quando mi hanno spostata in anagrafe mi han detto: ma va', vai in Siberia?
Nel senso del gelo, della prigione o del Comunismo?
Tutte e tre.
A me hanno detto che sarei andata nel posto dove mettono in punizione i cattivi. Ma noi in effetti siamo cattive...
He he... cattivelle...
Cattivacce...
Cattivissimissime...
Capo V., ti andrebbe di sculacciarci?
Sì, sculacciaci...
Se non vi muovete a chiudere quei sacchi per i seggi vi sculaccio davvero.
Sì, sì, mmmh...
- RAGAZZE -
Oh, ok, uffa.
Ok. Sei una palla.


(tutti schierati in tribunale a ricevere i sacchi alla chiusura dei seggi)
Guardaaaaaaa! Il primo sacco che è arrivato... è il 69!
Hehe... non poteva essere che il sessantanove...
Già, il sessantanove, hi hi...
Capo V., hai visto?
Dobbiamo controllare che i verbali siano tutti timbrati e firmati, che tutti e centotrè i presidenti ci riportino tutte e centotrè le buste dalla otto alla quindici, sei matite, la scatola dei timbri, il fascicolo delle comunicazioni e le chiavi del seg...
Sì, sì, ma hai visto? Dico, hai visto? il primo sacco che è arrivato è il sessantanove, hai capito? sei-nove, hai presente? Sessantanove, occhiolino-occhiolino-risatina...
(fino a notte ad lib., mentre lavoravamo come bestie)


lunedì 18 febbraio 2013

Quel suo maledetto senso del tempo.

Lui, quando era depresso, non mangiava merendine.
Forse non parlava.
Comunque, non mangiava merendine.
Lui, quando era depresso, la malinconia la usava per fare di queste cose.
Tipo: gli proponevano una storia, che so, una davvero assurda, una come andavano di moda nei vaudeville dove Lui s'ingalioffava, evidentemente, nei momenti di tristezza, con un altro paio di compari suoi che gli facevano "Senti, questa è davvero assurda: ambientata al tempo delle Crociate, ma non ci sono eroici combattimenti né languide lontananze né oh Signore dal tetto natìo, vedi, c'è questo gruppo di uomini che se n'è rimasto in Francia mentre gli altri sono andati tutti a combattere e loro che fanno? Danno l'assalto a un castello. Ma non perché sia pieno di infedeli: perché è pieno di femmine. Femmine belle e sole, con i mariti, i fratelli, i padri lontani, alle crociate. E c'è questo Conte, senti, c'è questo Conte Ory, che si porta dietro tutti i suoi cavalieri e danno l'assalto al castello vestiti nientepopodimeno che... da suore."
"Da suore?" fa Lui, risvegliandosi lievemente dal suo torpore melanconico.
"Suore, ti dico. Il Conte è innamorato della Contessa, ma c'è il paggio del Conte che è il cugino della Contessa, e ne è innamorato pure lui..:"
"Hmmmm... un ruolo en travesti..."
Ed era fatta.
Perché il segreto di Rossini è sempre stata la malinconia. Anche nei momenti più felici. Anche nel Barbiere, anche in Cenerentola. Anche nelle farse. Persino nelle farse. Quel suo maledetto senso del tempo. Il senso che a teatro devi avere per forza, perché puoi mettere in scena la più grande storia d'amore del mondo, puoi mettere in scena il passaggio del Mar Rosso, la vittoria di Guglielmo Tell, ma mentre lo fai sai benissimo che il tutto può durare un massimo di tre-quattro ore, poi, ineluttabilmente, la musica finisce. I cantanti si tolgono il trucco e tornano a casa. Gli strumenti vengono riposti nelle custodie. Il custode spegne le luci e il teatro si svuota.
E questo Lui l'ha sempre saputo e infilato in ogni sua singola, stramaledettissima nota.
Dalla sinfonia del Barbiere alla preghiera del Mosé. Dal rondò di Cenerentola alle Medaglie incomparabili. E lasciamo perdere il Preludio religioso della Petite Messe Solennelle, che è come sparare a una mosca già morta con un cannone.
E lasciamo perdere anche quest'ultima opera comica, piena di suore e castellane, in cui si brinda a una manica di poveracci ignari e lontani a combattere i Turchi e i Saraceni, fregando loro il vino, e le donne.
Se poi a cantare c'è il piccoletto bruno che l'estate scorsa si è beccato una standing ovation che non si riusciva più ad andare avanti solo per aver sceso la scala a spirale della Matilde - solo per essere sceso dalla scala, come a Sanremo, senza nemmeno aprire la bocca per cantare, una standing ovation solo per aver camminato - beh, allora, allora tutto è perfetto.

martedì 29 gennaio 2013

Cittadine.

- Ma dài, davvero anche tua figlia va alla materna Coda Verde?
- Sì! Anche tuo figlio?
- Il piccolo. Ma la tua è scoiattolo, gatto o panda?
- Gatto, e il tuo?
- Panda, il prossimo anno va in prima.
- Oh, che bello... oggi quando la vado a prendere le chiedo se lo conosce... in effetti mi parla spesso di un Guanciabella, magari è il tuo.
- Chiedile se quello che conosce ha gli occhiali verdi
- Che carino! Ma ieri non sei venuta alla riunione?
- No, sono bloccata a casa con tutti e due con la febbre, stamattina sono venuta al lavoro perché è rimasto il padre...
- Ah, non mi dire niente, la mia compie gli anni tra qualche giorno e di solito per il compleanno sta sempre male...
- Il mio ha fatto la festa di compleanno ieri l'altro, per fortuna, appena in tempo!
- La mia compie cinque anni, mi hanno chiesto se la voglio mandare in prima come anticipataria ma io ho detto di no, perché secondo me un altro anno per giocare e maturare è fondamentale...
- Assolutamente d'accordo, anceh il mio doveva anticipare ma ho detto di no, figurati, io sono andata a scuola a cinque anni appena compiuti e ancora...
- Mamikazen... ehm... mi spiace disturbarti, ma ricordati che c'è un'altra cittadinanza tra dieci minuti...
- Oddio, scusa, dove eravamo rimasti? Ah, ecco. Gabriela, devi pronunciare queste parole: "Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato."
- "Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato."
- Complimenti per l'italiano perfetto, senza alcun accento...
- Grazie, ma sono quindici anni che vivo in Italia, per me è casa mia.
- Allora, Gabriela, da domani sei cittadina italiana. Appena trascritto il tuo atto di nascita ti manderò una lettera a casa. Tua figlia che è nata qui e va alla materna con Guanciabella diventa italiana anche lei da domani, potrai farle i documenti appena ci arriva l'attestazione del Sindaco. Congratulazioni. Ci vediamo a scuola...
- Grazie, è stato molto bello. Ci vediamo dopo. Ah, senti, per votare come faccio? Se ritorno senza tessera elettorale mio padre riparte con la predica del diritto-dovere...

A volte lavorare allo Stato Civile è davvero fantastico.

lunedì 21 gennaio 2013

Nessuna fatica.

nessuna fatica
gli oggetti che restano immobili
al loro posto
il resto del mondo che scorre
mentre loro lo osservano
nessuna fatica


sabato 12 gennaio 2013

A Dungeon, without any dragon.

E' un negozietto incastrato alla base di un vecchio, tozzo palazzo anni '60, incistato nel centro storico.
Le vetrine sono un po' sporche, e sempre appannate. Sulle rastrelliere si allineano schiere infinite di cavalieri, mostri, draghi e creature strane, il tutto in miniatura, accanto a barattolini di colore e pennelli da modellismo. La porta a vetri è ricoperta di adesivi il più grande dei quali raffigura una bellissima ragazza che indossa una succinta mise da guerriera medievale.
Quando ci entro mi sento come un pappagallo brasiliano caduto per sbaglio in mezzo a una colonia di pinguini. Intorno ai tavolini ricoperti di stoffa siedono grappoli di ragazzi tra i dodici e i vent'anni, intenti a giocare a Magic o Yu-gi-oh o a parlare di World of Warcraft, così intenti che quasi non si accorgono della femmina di una specie sconosciuta che si è introdotta nel loro habitat. Mentre cammino in punta di piedi cercando di evitare i caschi, le sedie e le gambe lunghe chilometri di questi strani fenicotteri con gli occhiali, mi sento come catapultata in un episodio di Big Bang Theory.
Ma RodolfoValentino, pur essendo il più piccolo dei giocatori, ormai non si perde un torneo di Yu-gi oh, e trascorre buona parte del sabato pomeriggio perfettamente integrato in questa stana colonia semistanziale. Appena varca la soglia magica stacca ogni contatto col mondo-di-fuori, e persino le comunicazioni più essenziali sussurrate dalla madre ansiosa che cerca ansiosamente di diventare trasparente e scomparire al più presto ("lì c'è la merenda con l'acqua" - "ricordati di fare pipì, se ti scappa" - "se vuoi tornare prima, chiedi un cellulare in prestito e chiamami") vengono completamente ignorate.
RodolfoValentino perde sempre, "ma mi sono divertito moltissimo, mamma. Pensa che c'era un adulto col deck Egizio che ha attivato Custode di Tombe e mi ha tolto quattromilasettecento punti. Ma ti rendi conto? il deck Egizio! Sai, mamma? Oggi ho conosciuto un bambino più piccolo di me, avrà cinque o sei anni al massimo, si chiama Carlo, non viene per fare le sfide ma solo per guardare, allora quando il torneo è finito gli ho chiesto se voleva giocare con me, abbiamo fatto una sfida e io ho cominciato a insegnargli come si gioca. Gli ho promesso che se torna gli do delle altre lezioni, così impara anche lui a giocare bene."
Invece io oggi mentre lo aspettavo seminascosta sulla scala coperta di moquette che porta al seminterrato pieno di tavoli da picnic dove l'eterogenea colonia di nerds si sfida a duelli di strategia e, a suo modo, socializza, ho conosciuto un papà sudamericano, a sua volta in attesa sulla scala, esperto di scacchi, che conosceva tutti i vecchi compagni scacchisti di mio padre e abbiamo parlato della sublime arte degli scacchi e del silenzio dei tornei rotto soltanto dai secchi "tack" dei pulsanti dei cronometri.
Ecco, mi piace da morire quando trovo un sacco di umanità nei posti defilati e non comuni.
Quello che mi preoccupa è che RodolfoValentino somiglia sempre più a Sheldon. Oh, grande Giove!


mercoledì 9 gennaio 2013

Lo sguardo (i.e. il sesso e le cose che le amiche sanno e che io non ce la farò mai ad imparare)

"Quindi secondo te in realtà ci stava provando con me?!"
"Sì."
"Maddài, è il suo modo di fare, è un tipo... come dire... abbraccione, ecco."
 "Ci stava provando."
"Ma io... ma no, dài. Dopo un po' ci ho fatto l'abitudine, le prime volte certo mi faceva un po' strano, però in effetti è un tipo molto espansivo, mi sono detta che era normale e non ci ho quasi più fatto caso. Quasi. Non del tutto perché in effetti tende sempre ad abbracciare... molto, però..."
"Sei allocca. Ti si voleva fare, e questo è quanto. Guarda che è uno scopatore inveterato."
"Lui? Ma stai scherzando?"
"E' noto. Dove non arriva, butta il cappello."
"Maddài, non l'avrei detto, con quell'aria distinta, alto, serio..."
"Si è fatto tutto il fattibile, è cosa nota. E comunque tu gli fai sangue."
"Ma lascia perdere."
"No, Mamika, tu non te ne accorgi mai. Ma io l'ho visto."
 "Ma visto cosa?! Tu l'avrai visto insieme a me tre volte in tutto..."
"Lo sguardo."
"Quale sguardo?"
"Il suo. Ti ricordi quella volta che eravamo (OMISSIS) e siamo scesi dalla macchina insieme e sei andata a salutarlo?"
"Sì, figo, c'era un tempo porco e poi siamo andati a teatro per provare..."
"Non divagare. Quando sei scesa dalla macchina e lui si è accorto che eri tu io l'ho visto, il suo sguardo. Perché quello che pensa di te un uomo non si capisce dalle parole, non si capisce da quello che fa: si capisce da come ti guarda. E io lo vedo, come ti guardano."
"... ma... mi guardano... chi???!!!"
"Gli uomini, a volte."
"Minchia, ma io non me ne accorgo mai? Porca miseria. Sai le occasioni che mi sono persa, magari potevo far carriera o trovarmi l'amante ricco, potevo. E' che io gli uomini li tratto come le donne, da amici, ci scherzo uguale. Se uno non mi fa sesso lo tratto - che so, come la Ballerina, certo magari non proprio uguale... se invece uno mi fa sesso tanto penso inevitabilmente che di me non gliene può fregare niente, quindi dopo un po' supero l'imbarazzo e lo tratto come un amico, da capo al pero. E poi io se non sono innamorata non mi viene da fare sesso. Ma come faccio a capire che invece lui... ?"
"Te l'ho detto, gli uomini li capisci dallo sguardo."
"..."
"E a volte ti guardano in quel modo. Facci caso."
"..."
"..."
"Ma io mi vergogno."
"Sei irrecuperabile."

sabato 5 gennaio 2013

Dèi, e stelle nere.


 Insomma, una sana botta di culo ogni tanto càpita.
Ho perso al grattaevinci e ho giurato di non comprarne più. Alla tombola i colleghi coristi hanno portato a casa tre prosciutti interi, una lonza, un salame, una treccia di salsicce e una bottiglia di vino rosso, e io niente.
Fortunata in amore?
Mah.
Diciamo però fortunata coi LIBRI.
Perché in questa settimana di vancanza, in cui avevo fatto il sacrosanto proposito di non fare un beneamato cazzo e leggere i libri che avevo sul comodino, gli dèi di Gotham mi sono stati propizi e ho scoperto due romanzi gialli strepitosi.
Cioè, non è che fossero proprio sul mio comodino.
Ci sono arrivati dopo, ecco. Dopo che avevo fatto un paio di giri in liberia e trovandomi un paio di venti euro in tasca ed essendomi virtuosamente già dedicata a un paio di biografie di musicisti che erano andate ad alimentare la pericolosa pila pencolante in cima al suddetto comodino, ecco, dopo tutto questo mi sono imbattuta in loro.
Due gialli. Due scrittrici. Due ritratti di New York, che è una di quelle città dove non ho mai messo piede ma dove penso mi sentirei come a casa mia, come quella volta a sedici anni che sono capitata a Londra per la prima volta e ho mollato il gruppo per andarmene a zonzo da sola e fare foto a Baker Street, e gli altri mi chiedevano "ma non hai paura?", e io "no", e loro "perché?", e io ho glissato perché non avevo voglia di mettermi a raccontare di Agatha Christie, di Sir Arthur Conan Doyle o Phyllis Dorothy James o Anne Perry eccetera eccetera, e di come arrivando con l'aereo fossi stata invasa dalla sconcertante sensazione di stare tornando a casa.
Ecco, può darsi che a New York, è possibile, e probabilmente comunque non avrò mai modo di verificarlo, può darsi che mi capiterebbe la stessa cosa.
Voglio dire Ed Mc Bain, Woody Allen, Fame, per dire i primi riferimenti che mi vengono in mente. Caleb Carr. Ecco, era dai tempi di Carr che non mi capitava una fortuna simile.
Libba Bray ha ambientato il suo romanzo "La stella nera di New York" nella New York degli anni '20, dei jazz club, del proibizionismo, delle sedute spiritiche. Non che io vada pazza per lo spiritismo, che Conan Doyle mi perdoni; in genere trovo che una bella storia gialla debba reggersi da sé sulle schifezze immonde che si celano nell'animo umano e sulle bassezze che è in grado di raggiungere da solo, senza l'intervento soprannaturale di fantasmi o spiriti. Ma il giallo di Libba maneggia la materia ESP (uffa, va bene, qualche libro sull'occulto l'ho letto, la mia storia preferita in effetti è quella del bobby londinese che di notte va a ispezionare gli scavi della metro e vede... ok, ok. Ve la racconto un'altra volta) con grazia e soprattutto con ferrei agganci alle credenze, agli usi e alle mode dell'epoca, aggiungendo di suo dei notevoli tocchi poetici. La tensione non cala mai, il libro si divora e soprattutto la signora Bray scrive-da-dea.
Quanto a Lyndsay Faye e al suo "Il dio di Gotham", diciamo che una sbronza così non me la pigliavo dai tempi in cui scovai una raccolta mondadori di Anne Perry (che già di suo biograficamente è un giallo classico vivente, visto che quando era ragazzina ha commesso un... vabbé, magari anche questa ve la racconto un'altra volta) e m'innamorai pazzamente dell'ispettore Thomas Pitt e dei suoi straordinari cadaveri vittoriani.
Per fortuna l'autrice assicura che l'agente Timothy Wilde tornerà ad investigare ancora nella variopinta, indimenticabile New York di metà '800 in cui, tra centinaia di migliaia di immigrati che portano da tutto il mondo i loro costumi, odori e sapori - e, grazie al cielo, delitti - indaga il primo corpo di polizia regolare, le "stelle di rame", sulla strada sedici ore al giorno e, vi giuro, son strade stracolme di storie. Tutte affascinanti e raccontate benissimo perché anche Lyndsay Faye, porcaccia miseria, scrive-da-dea.
Ed evidentemente e giustamente lode e gloria alla traduttrice Donatella Rizzati per "La stella nera di New York" e al traduttore - cielo, un uomo che scrive bene quanto una donna. Quale scandalo! - Norman Gobetti per "Il dio di Gotham". Comunque ho ordinato il primo libro di Lyndsay Faye in lingua originale, spero che se la cavi bene anche senza l'aiuto di Norman.
Se vi piacciono i gialli, se vi piace New York, se vi piacciono i romanzi scritti come dio comanda, buona lettura.

p.s.: fondamentale, dimenticavo, io i libri li giudico dalla copertina. Ditemi se non è bellissima la copertina de "Il dio di Gotham". Ho capito subito che c'era del buono, sotto. La copertina della stella nera invece lì per lì non mi convinceva, troppo patinata, troppo advertisement, troppo entertainment, come direbbe la giapponesina che tortura Tognazzi nella pubblicità dell'aceto. Però oh, il bello a volte è anche andare oltre la copertina, non lo nego. Ma senza questa copertina, per dirne una, non mi sarei mai filata "A volte ritorno", mio libro cult dell'estate scorsa e in assoluto uno dei più esilaranti che abbia mai letto dai tempi del Birraio di Preston.
Ah, e, se ve lo state chiedendo, l'ibs NON mi paga per i link, è che ci avevo appena preso un libro e ho deciso di fare una cosa uniforme.

mercoledì 2 gennaio 2013

Il punto di vista di Guanciabella.

Mia mamma mi ha detto: saresti disposto a prestare il tuo letto per due notti a Trantor?
Ma io dove dormo? Le ho chiesto.
Nel lettone con me e il babbo, mi ha risposto. E io le ho detto sì, va bene, le ho detto che Trantor poteva dormire nel mio letto. Poi l'ho vista arrivare.
Era tutta vestita di bianco e sembrava una principessa delle favole. Però poi siamo andati al ristorante e lei non mangia come le principesse dei libri. Così ho deciso che era una tipa a posto e mi sono seduto in braccio a lei e le ho fatto un sacco di disegni sulla tovaglia, e lei chiacchierava con me come si fa tra grandi e questa è una cosa che a me piace molto.
Poi però lei e la mamma se ne sono andate a fare cose di coro e io ho dovuto mollare la presa. Ma la mattina dopo la mamma era al lavoro e io sono rimasto parecchio sulle ginocchia di Trantor a scegliere la foto del concerto da mandare ai giornali. Poi le ho fatto vedere i miei puzzle, i miei pupazzi, i disegni, le carte di yu-gi-oh e dei pokemon. Il pomeriggio siamo andati a fare un giro e io ho tenuto la mano a Trantor tutto il tempo. La sera abbiamo mangiato tutti assieme e c'era il formaggio che ci ha portato Trantor.
La mattina dopo, quando mi sono svegliato, Trantor era andata via.
Però mi ha promesso che ci vediamo presto.