sabato 5 gennaio 2013
Dèi, e stelle nere.
Insomma, una sana botta di culo ogni tanto càpita.
Ho perso al grattaevinci e ho giurato di non comprarne più. Alla tombola i colleghi coristi hanno portato a casa tre prosciutti interi, una lonza, un salame, una treccia di salsicce e una bottiglia di vino rosso, e io niente.
Fortunata in amore?
Mah.
Diciamo però fortunata coi LIBRI.
Perché in questa settimana di vancanza, in cui avevo fatto il sacrosanto proposito di non fare un beneamato cazzo e leggere i libri che avevo sul comodino, gli dèi di Gotham mi sono stati propizi e ho scoperto due romanzi gialli strepitosi.
Cioè, non è che fossero proprio sul mio comodino.
Ci sono arrivati dopo, ecco. Dopo che avevo fatto un paio di giri in liberia e trovandomi un paio di venti euro in tasca ed essendomi virtuosamente già dedicata a un paio di biografie di musicisti che erano andate ad alimentare la pericolosa pila pencolante in cima al suddetto comodino, ecco, dopo tutto questo mi sono imbattuta in loro.
Due gialli. Due scrittrici. Due ritratti di New York, che è una di quelle città dove non ho mai messo piede ma dove penso mi sentirei come a casa mia, come quella volta a sedici anni che sono capitata a Londra per la prima volta e ho mollato il gruppo per andarmene a zonzo da sola e fare foto a Baker Street, e gli altri mi chiedevano "ma non hai paura?", e io "no", e loro "perché?", e io ho glissato perché non avevo voglia di mettermi a raccontare di Agatha Christie, di Sir Arthur Conan Doyle o Phyllis Dorothy James o Anne Perry eccetera eccetera, e di come arrivando con l'aereo fossi stata invasa dalla sconcertante sensazione di stare tornando a casa.
Ecco, può darsi che a New York, è possibile, e probabilmente comunque non avrò mai modo di verificarlo, può darsi che mi capiterebbe la stessa cosa.
Voglio dire Ed Mc Bain, Woody Allen, Fame, per dire i primi riferimenti che mi vengono in mente. Caleb Carr. Ecco, era dai tempi di Carr che non mi capitava una fortuna simile.
Libba Bray ha ambientato il suo romanzo "La stella nera di New York" nella New York degli anni '20, dei jazz club, del proibizionismo, delle sedute spiritiche. Non che io vada pazza per lo spiritismo, che Conan Doyle mi perdoni; in genere trovo che una bella storia gialla debba reggersi da sé sulle schifezze immonde che si celano nell'animo umano e sulle bassezze che è in grado di raggiungere da solo, senza l'intervento soprannaturale di fantasmi o spiriti. Ma il giallo di Libba maneggia la materia ESP (uffa, va bene, qualche libro sull'occulto l'ho letto, la mia storia preferita in effetti è quella del bobby londinese che di notte va a ispezionare gli scavi della metro e vede... ok, ok. Ve la racconto un'altra volta) con grazia e soprattutto con ferrei agganci alle credenze, agli usi e alle mode dell'epoca, aggiungendo di suo dei notevoli tocchi poetici. La tensione non cala mai, il libro si divora e soprattutto la signora Bray scrive-da-dea.
Quanto a Lyndsay Faye e al suo "Il dio di Gotham", diciamo che una sbronza così non me la pigliavo dai tempi in cui scovai una raccolta mondadori di Anne Perry (che già di suo biograficamente è un giallo classico vivente, visto che quando era ragazzina ha commesso un... vabbé, magari anche questa ve la racconto un'altra volta) e m'innamorai pazzamente dell'ispettore Thomas Pitt e dei suoi straordinari cadaveri vittoriani.
Per fortuna l'autrice assicura che l'agente Timothy Wilde tornerà ad investigare ancora nella variopinta, indimenticabile New York di metà '800 in cui, tra centinaia di migliaia di immigrati che portano da tutto il mondo i loro costumi, odori e sapori - e, grazie al cielo, delitti - indaga il primo corpo di polizia regolare, le "stelle di rame", sulla strada sedici ore al giorno e, vi giuro, son strade stracolme di storie. Tutte affascinanti e raccontate benissimo perché anche Lyndsay Faye, porcaccia miseria, scrive-da-dea.
Ed evidentemente e giustamente lode e gloria alla traduttrice Donatella Rizzati per "La stella nera di New York" e al traduttore - cielo, un uomo che scrive bene quanto una donna. Quale scandalo! - Norman Gobetti per "Il dio di Gotham". Comunque ho ordinato il primo libro di Lyndsay Faye in lingua originale, spero che se la cavi bene anche senza l'aiuto di Norman.
Se vi piacciono i gialli, se vi piace New York, se vi piacciono i romanzi scritti come dio comanda, buona lettura.
p.s.: fondamentale, dimenticavo, io i libri li giudico dalla copertina. Ditemi se non è bellissima la copertina de "Il dio di Gotham". Ho capito subito che c'era del buono, sotto. La copertina della stella nera invece lì per lì non mi convinceva, troppo patinata, troppo advertisement, troppo entertainment, come direbbe la giapponesina che tortura Tognazzi nella pubblicità dell'aceto. Però oh, il bello a volte è anche andare oltre la copertina, non lo nego. Ma senza questa copertina, per dirne una, non mi sarei mai filata "A volte ritorno", mio libro cult dell'estate scorsa e in assoluto uno dei più esilaranti che abbia mai letto dai tempi del Birraio di Preston.
Ah, e, se ve lo state chiedendo, l'ibs NON mi paga per i link, è che ci avevo appena preso un libro e ho deciso di fare una cosa uniforme.
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