domenica 16 dicembre 2012

La ballata del figlio di Jimmy.


Nella caverna tappezzata di libri c'era un uomo, che a me ha sempre dato l'idea di un grosso gatto acciambellato sulla poltrona più comoda del salotto, a notare ogni minima cosa senza dare l'impressione di notare nulla, da sotto le ciglia, attraverso gli occhiali.
I gatti in effetti non hanno le ciglia e non portano occhiali, ma lui sì.

Era seduto su una sedia con un'altra sedia vuota a fianco, con un libro appoggiato sopra. Aveva una delle sue sciarpe da beau con un motivo grandi fiori, e ci guardava.
Guardava di sottecchi la caverna tappezzata di libri che andava riempiendosi di altre persone, alcune delle quali assomigliavano pure loro a dei gatti, altre no.
C'era Margherita col viso tondo da gatta amante del camino, Giovanna con le vibrisse tese a cogliere ogni minimo movimento, poi è arrivato Roberto, con il suo solito passo come di gatto che zampetta sul colmo del tetto, strusciandosi ai camini.
C'erano Simone, Chiara, Gabriella, Anna, Lucia, Francesco, Paolo, Rosaria, Pierpaolo, Giovanni e molte altre persone, con i cappotti lunghi e i berretti e i guanti, qualcuno se li è tolti, qualcuno no, e per un'ora siamo rimasti tutti lì, sulle sedie o sulla scala, a parlare del libro scritto dal gatto acciambellato sulla sedia, a chiederci se sia possibile conciliare poesia e narrativa, se un romanzo possa essere scritto in lingua poetica, se la musicalità sia un pregio o un incidente di scrittura.

In tutto questo, dell'autore io vedevo solo un piede, un piede libero, quello della gamba incrociata, un piede che si muoveva a tempo e senza accorgersene scandiva con la punta dondolante il ritmo musicale delle nostre discussioni.

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