martedì 29 gennaio 2013

Cittadine.

- Ma dài, davvero anche tua figlia va alla materna Coda Verde?
- Sì! Anche tuo figlio?
- Il piccolo. Ma la tua è scoiattolo, gatto o panda?
- Gatto, e il tuo?
- Panda, il prossimo anno va in prima.
- Oh, che bello... oggi quando la vado a prendere le chiedo se lo conosce... in effetti mi parla spesso di un Guanciabella, magari è il tuo.
- Chiedile se quello che conosce ha gli occhiali verdi
- Che carino! Ma ieri non sei venuta alla riunione?
- No, sono bloccata a casa con tutti e due con la febbre, stamattina sono venuta al lavoro perché è rimasto il padre...
- Ah, non mi dire niente, la mia compie gli anni tra qualche giorno e di solito per il compleanno sta sempre male...
- Il mio ha fatto la festa di compleanno ieri l'altro, per fortuna, appena in tempo!
- La mia compie cinque anni, mi hanno chiesto se la voglio mandare in prima come anticipataria ma io ho detto di no, perché secondo me un altro anno per giocare e maturare è fondamentale...
- Assolutamente d'accordo, anceh il mio doveva anticipare ma ho detto di no, figurati, io sono andata a scuola a cinque anni appena compiuti e ancora...
- Mamikazen... ehm... mi spiace disturbarti, ma ricordati che c'è un'altra cittadinanza tra dieci minuti...
- Oddio, scusa, dove eravamo rimasti? Ah, ecco. Gabriela, devi pronunciare queste parole: "Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato."
- "Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato."
- Complimenti per l'italiano perfetto, senza alcun accento...
- Grazie, ma sono quindici anni che vivo in Italia, per me è casa mia.
- Allora, Gabriela, da domani sei cittadina italiana. Appena trascritto il tuo atto di nascita ti manderò una lettera a casa. Tua figlia che è nata qui e va alla materna con Guanciabella diventa italiana anche lei da domani, potrai farle i documenti appena ci arriva l'attestazione del Sindaco. Congratulazioni. Ci vediamo a scuola...
- Grazie, è stato molto bello. Ci vediamo dopo. Ah, senti, per votare come faccio? Se ritorno senza tessera elettorale mio padre riparte con la predica del diritto-dovere...

A volte lavorare allo Stato Civile è davvero fantastico.

lunedì 21 gennaio 2013

Nessuna fatica.

nessuna fatica
gli oggetti che restano immobili
al loro posto
il resto del mondo che scorre
mentre loro lo osservano
nessuna fatica


sabato 12 gennaio 2013

A Dungeon, without any dragon.

E' un negozietto incastrato alla base di un vecchio, tozzo palazzo anni '60, incistato nel centro storico.
Le vetrine sono un po' sporche, e sempre appannate. Sulle rastrelliere si allineano schiere infinite di cavalieri, mostri, draghi e creature strane, il tutto in miniatura, accanto a barattolini di colore e pennelli da modellismo. La porta a vetri è ricoperta di adesivi il più grande dei quali raffigura una bellissima ragazza che indossa una succinta mise da guerriera medievale.
Quando ci entro mi sento come un pappagallo brasiliano caduto per sbaglio in mezzo a una colonia di pinguini. Intorno ai tavolini ricoperti di stoffa siedono grappoli di ragazzi tra i dodici e i vent'anni, intenti a giocare a Magic o Yu-gi-oh o a parlare di World of Warcraft, così intenti che quasi non si accorgono della femmina di una specie sconosciuta che si è introdotta nel loro habitat. Mentre cammino in punta di piedi cercando di evitare i caschi, le sedie e le gambe lunghe chilometri di questi strani fenicotteri con gli occhiali, mi sento come catapultata in un episodio di Big Bang Theory.
Ma RodolfoValentino, pur essendo il più piccolo dei giocatori, ormai non si perde un torneo di Yu-gi oh, e trascorre buona parte del sabato pomeriggio perfettamente integrato in questa stana colonia semistanziale. Appena varca la soglia magica stacca ogni contatto col mondo-di-fuori, e persino le comunicazioni più essenziali sussurrate dalla madre ansiosa che cerca ansiosamente di diventare trasparente e scomparire al più presto ("lì c'è la merenda con l'acqua" - "ricordati di fare pipì, se ti scappa" - "se vuoi tornare prima, chiedi un cellulare in prestito e chiamami") vengono completamente ignorate.
RodolfoValentino perde sempre, "ma mi sono divertito moltissimo, mamma. Pensa che c'era un adulto col deck Egizio che ha attivato Custode di Tombe e mi ha tolto quattromilasettecento punti. Ma ti rendi conto? il deck Egizio! Sai, mamma? Oggi ho conosciuto un bambino più piccolo di me, avrà cinque o sei anni al massimo, si chiama Carlo, non viene per fare le sfide ma solo per guardare, allora quando il torneo è finito gli ho chiesto se voleva giocare con me, abbiamo fatto una sfida e io ho cominciato a insegnargli come si gioca. Gli ho promesso che se torna gli do delle altre lezioni, così impara anche lui a giocare bene."
Invece io oggi mentre lo aspettavo seminascosta sulla scala coperta di moquette che porta al seminterrato pieno di tavoli da picnic dove l'eterogenea colonia di nerds si sfida a duelli di strategia e, a suo modo, socializza, ho conosciuto un papà sudamericano, a sua volta in attesa sulla scala, esperto di scacchi, che conosceva tutti i vecchi compagni scacchisti di mio padre e abbiamo parlato della sublime arte degli scacchi e del silenzio dei tornei rotto soltanto dai secchi "tack" dei pulsanti dei cronometri.
Ecco, mi piace da morire quando trovo un sacco di umanità nei posti defilati e non comuni.
Quello che mi preoccupa è che RodolfoValentino somiglia sempre più a Sheldon. Oh, grande Giove!


mercoledì 9 gennaio 2013

Lo sguardo (i.e. il sesso e le cose che le amiche sanno e che io non ce la farò mai ad imparare)

"Quindi secondo te in realtà ci stava provando con me?!"
"Sì."
"Maddài, è il suo modo di fare, è un tipo... come dire... abbraccione, ecco."
 "Ci stava provando."
"Ma io... ma no, dài. Dopo un po' ci ho fatto l'abitudine, le prime volte certo mi faceva un po' strano, però in effetti è un tipo molto espansivo, mi sono detta che era normale e non ci ho quasi più fatto caso. Quasi. Non del tutto perché in effetti tende sempre ad abbracciare... molto, però..."
"Sei allocca. Ti si voleva fare, e questo è quanto. Guarda che è uno scopatore inveterato."
"Lui? Ma stai scherzando?"
"E' noto. Dove non arriva, butta il cappello."
"Maddài, non l'avrei detto, con quell'aria distinta, alto, serio..."
"Si è fatto tutto il fattibile, è cosa nota. E comunque tu gli fai sangue."
"Ma lascia perdere."
"No, Mamika, tu non te ne accorgi mai. Ma io l'ho visto."
 "Ma visto cosa?! Tu l'avrai visto insieme a me tre volte in tutto..."
"Lo sguardo."
"Quale sguardo?"
"Il suo. Ti ricordi quella volta che eravamo (OMISSIS) e siamo scesi dalla macchina insieme e sei andata a salutarlo?"
"Sì, figo, c'era un tempo porco e poi siamo andati a teatro per provare..."
"Non divagare. Quando sei scesa dalla macchina e lui si è accorto che eri tu io l'ho visto, il suo sguardo. Perché quello che pensa di te un uomo non si capisce dalle parole, non si capisce da quello che fa: si capisce da come ti guarda. E io lo vedo, come ti guardano."
"... ma... mi guardano... chi???!!!"
"Gli uomini, a volte."
"Minchia, ma io non me ne accorgo mai? Porca miseria. Sai le occasioni che mi sono persa, magari potevo far carriera o trovarmi l'amante ricco, potevo. E' che io gli uomini li tratto come le donne, da amici, ci scherzo uguale. Se uno non mi fa sesso lo tratto - che so, come la Ballerina, certo magari non proprio uguale... se invece uno mi fa sesso tanto penso inevitabilmente che di me non gliene può fregare niente, quindi dopo un po' supero l'imbarazzo e lo tratto come un amico, da capo al pero. E poi io se non sono innamorata non mi viene da fare sesso. Ma come faccio a capire che invece lui... ?"
"Te l'ho detto, gli uomini li capisci dallo sguardo."
"..."
"E a volte ti guardano in quel modo. Facci caso."
"..."
"..."
"Ma io mi vergogno."
"Sei irrecuperabile."

sabato 5 gennaio 2013

Dèi, e stelle nere.


 Insomma, una sana botta di culo ogni tanto càpita.
Ho perso al grattaevinci e ho giurato di non comprarne più. Alla tombola i colleghi coristi hanno portato a casa tre prosciutti interi, una lonza, un salame, una treccia di salsicce e una bottiglia di vino rosso, e io niente.
Fortunata in amore?
Mah.
Diciamo però fortunata coi LIBRI.
Perché in questa settimana di vancanza, in cui avevo fatto il sacrosanto proposito di non fare un beneamato cazzo e leggere i libri che avevo sul comodino, gli dèi di Gotham mi sono stati propizi e ho scoperto due romanzi gialli strepitosi.
Cioè, non è che fossero proprio sul mio comodino.
Ci sono arrivati dopo, ecco. Dopo che avevo fatto un paio di giri in liberia e trovandomi un paio di venti euro in tasca ed essendomi virtuosamente già dedicata a un paio di biografie di musicisti che erano andate ad alimentare la pericolosa pila pencolante in cima al suddetto comodino, ecco, dopo tutto questo mi sono imbattuta in loro.
Due gialli. Due scrittrici. Due ritratti di New York, che è una di quelle città dove non ho mai messo piede ma dove penso mi sentirei come a casa mia, come quella volta a sedici anni che sono capitata a Londra per la prima volta e ho mollato il gruppo per andarmene a zonzo da sola e fare foto a Baker Street, e gli altri mi chiedevano "ma non hai paura?", e io "no", e loro "perché?", e io ho glissato perché non avevo voglia di mettermi a raccontare di Agatha Christie, di Sir Arthur Conan Doyle o Phyllis Dorothy James o Anne Perry eccetera eccetera, e di come arrivando con l'aereo fossi stata invasa dalla sconcertante sensazione di stare tornando a casa.
Ecco, può darsi che a New York, è possibile, e probabilmente comunque non avrò mai modo di verificarlo, può darsi che mi capiterebbe la stessa cosa.
Voglio dire Ed Mc Bain, Woody Allen, Fame, per dire i primi riferimenti che mi vengono in mente. Caleb Carr. Ecco, era dai tempi di Carr che non mi capitava una fortuna simile.
Libba Bray ha ambientato il suo romanzo "La stella nera di New York" nella New York degli anni '20, dei jazz club, del proibizionismo, delle sedute spiritiche. Non che io vada pazza per lo spiritismo, che Conan Doyle mi perdoni; in genere trovo che una bella storia gialla debba reggersi da sé sulle schifezze immonde che si celano nell'animo umano e sulle bassezze che è in grado di raggiungere da solo, senza l'intervento soprannaturale di fantasmi o spiriti. Ma il giallo di Libba maneggia la materia ESP (uffa, va bene, qualche libro sull'occulto l'ho letto, la mia storia preferita in effetti è quella del bobby londinese che di notte va a ispezionare gli scavi della metro e vede... ok, ok. Ve la racconto un'altra volta) con grazia e soprattutto con ferrei agganci alle credenze, agli usi e alle mode dell'epoca, aggiungendo di suo dei notevoli tocchi poetici. La tensione non cala mai, il libro si divora e soprattutto la signora Bray scrive-da-dea.
Quanto a Lyndsay Faye e al suo "Il dio di Gotham", diciamo che una sbronza così non me la pigliavo dai tempi in cui scovai una raccolta mondadori di Anne Perry (che già di suo biograficamente è un giallo classico vivente, visto che quando era ragazzina ha commesso un... vabbé, magari anche questa ve la racconto un'altra volta) e m'innamorai pazzamente dell'ispettore Thomas Pitt e dei suoi straordinari cadaveri vittoriani.
Per fortuna l'autrice assicura che l'agente Timothy Wilde tornerà ad investigare ancora nella variopinta, indimenticabile New York di metà '800 in cui, tra centinaia di migliaia di immigrati che portano da tutto il mondo i loro costumi, odori e sapori - e, grazie al cielo, delitti - indaga il primo corpo di polizia regolare, le "stelle di rame", sulla strada sedici ore al giorno e, vi giuro, son strade stracolme di storie. Tutte affascinanti e raccontate benissimo perché anche Lyndsay Faye, porcaccia miseria, scrive-da-dea.
Ed evidentemente e giustamente lode e gloria alla traduttrice Donatella Rizzati per "La stella nera di New York" e al traduttore - cielo, un uomo che scrive bene quanto una donna. Quale scandalo! - Norman Gobetti per "Il dio di Gotham". Comunque ho ordinato il primo libro di Lyndsay Faye in lingua originale, spero che se la cavi bene anche senza l'aiuto di Norman.
Se vi piacciono i gialli, se vi piace New York, se vi piacciono i romanzi scritti come dio comanda, buona lettura.

p.s.: fondamentale, dimenticavo, io i libri li giudico dalla copertina. Ditemi se non è bellissima la copertina de "Il dio di Gotham". Ho capito subito che c'era del buono, sotto. La copertina della stella nera invece lì per lì non mi convinceva, troppo patinata, troppo advertisement, troppo entertainment, come direbbe la giapponesina che tortura Tognazzi nella pubblicità dell'aceto. Però oh, il bello a volte è anche andare oltre la copertina, non lo nego. Ma senza questa copertina, per dirne una, non mi sarei mai filata "A volte ritorno", mio libro cult dell'estate scorsa e in assoluto uno dei più esilaranti che abbia mai letto dai tempi del Birraio di Preston.
Ah, e, se ve lo state chiedendo, l'ibs NON mi paga per i link, è che ci avevo appena preso un libro e ho deciso di fare una cosa uniforme.

mercoledì 2 gennaio 2013

Il punto di vista di Guanciabella.

Mia mamma mi ha detto: saresti disposto a prestare il tuo letto per due notti a Trantor?
Ma io dove dormo? Le ho chiesto.
Nel lettone con me e il babbo, mi ha risposto. E io le ho detto sì, va bene, le ho detto che Trantor poteva dormire nel mio letto. Poi l'ho vista arrivare.
Era tutta vestita di bianco e sembrava una principessa delle favole. Però poi siamo andati al ristorante e lei non mangia come le principesse dei libri. Così ho deciso che era una tipa a posto e mi sono seduto in braccio a lei e le ho fatto un sacco di disegni sulla tovaglia, e lei chiacchierava con me come si fa tra grandi e questa è una cosa che a me piace molto.
Poi però lei e la mamma se ne sono andate a fare cose di coro e io ho dovuto mollare la presa. Ma la mattina dopo la mamma era al lavoro e io sono rimasto parecchio sulle ginocchia di Trantor a scegliere la foto del concerto da mandare ai giornali. Poi le ho fatto vedere i miei puzzle, i miei pupazzi, i disegni, le carte di yu-gi-oh e dei pokemon. Il pomeriggio siamo andati a fare un giro e io ho tenuto la mano a Trantor tutto il tempo. La sera abbiamo mangiato tutti assieme e c'era il formaggio che ci ha portato Trantor.
La mattina dopo, quando mi sono svegliato, Trantor era andata via.
Però mi ha promesso che ci vediamo presto.